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    Quando la Svizzera impedì all'Italia postbellica di essere esclusa dalla Fifa

    Quando la Svizzera impedì all'Italia postbellica di essere esclusa dalla Fifa

    • Alessandro Bassi
      Alessandro Bassi
    A poche ore dall'incontro Italia-Svizzera decisivo per la qualificazione al prossimo Mondiale in Qatar, ripercorriamo un'Italia-Svizzera particolare, del novembre 1945, la prima partita della Nazionale italiana dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

    IL DOPOGUERRA CALCISTICO ITALIANO - Oltre 60 milioni di morti in tutto il mondo, città devastate e distrutte da ricostruire, fame e povertà. È questa la tremenda eredità che la Seconda guerra mondiale lascia ai sopravvissuti che dalla seconda metà degli anni '40 devono rimboccarsi le maniche per ricostruire tutto, relazioni comprese. La situazione in Italia tra il 1943 e il 1945 si era rivelata drammatica anche per quanto riguardava lo sport e il calcio in particolare. La Linea Gotica divideva tutto il territorio nazionale in due settori con notevoli difficoltà di comunicazione. A Roma c'era la vecchia Federazione che aveva riunito il calcio del centro-sud, a Milano un Commissariato Alta Italia reggeva le regioni del nord. Questa separazione, affatto formale, aveva avuto un primo momento importante di riavvicinamento con l'organizzazione del girone finale del campionato 1945/46. Anche da lì l'ingegner Barassi per il Centro-sud e l'avvocato Mauro per l'Alta Italia lavorarono per la riunificazione politico-amministrativa del calcio italiano.

    LA “QUARANTENA SILENZIOSA” - Se, dunque, sul fronte interno l'attività calcistica – e sportiva – era proseguita seppur tra molte difficoltà, sul fronte estero la situazione era ben diversa. Detto delle ovvie criticità nel settore dei trasporti e delle comunicazioni che giocoforza rallentavano una ripresa piena dell'attività sportiva internazionale, un elemento decisivo era dato anche da come le Federazioni dei Paesi usciti vincitori dal conflitto bellico volevano rapportarsi con le omologhe dei Paesi sconfitti. Dalle Conferenze di Londra e Mosca era emerso un atteggiamento ostile nei confronti dei Paesi sconfitti che si era riverberato anche nello sport. Così come per Germania e Giappone anche l'Italia venne in un primo momento esclusa dalla ripresa sportiva sino a buona parte del 1946. Con una importante eccezione: la Svizzera. Lo storico dello sport Nicola Sbetti nel suo ottimo lavoro Giochi Diplomatici. Sport e politica estera nell'Italia del secondo dopoguerra – fresco vincitore del Premio C.O.N.I. - spiega molto bene come solo la Svizzera “si adoperò immediatamente per la ripresa dei rapporti bilaterali”. Rimasta neutrale durante il conflitto bellico, la Svizzera non aveva mai rotto le relazioni diplomatiche con l'Italia e, terminata la guerra, fu il primo Paese con il quale l'Italia stipulò un accordo commerciale.

    ITALIA-SVIZZERA 1945 - Naturale dunque che anche per quanto riguardava lo sport i primi passi italiani internazionali fossero con la Svizzera: dal termine del conflitto a tutta l'estate del 1946 la Svizzera fu il primo Paese con il quale l'Italia ebbe rapporti in quasi tutti gli sport. Restando nel solo ambito calcistico, già nella seconda metà del 1945 una squadra italiana aveva varcato i confini per andare a giocare una partita amichevole. Il Torino, su invito del Losanna, si era recato nella cittadina svizzera nel settembre del 1945 per giocare un'amichevole. Così leggiamo da La Stampa del 16 settembre: “(...) È la prima squadra italiana che si reca all'estero dopo la guerra: la prima che ha contatto coll'estero in linea assoluta”. Un primo passo verso il ritorno dell'Italia calcistica sulle scene internazionali. In realtà, come ricorda sempre Sbetti, già in luglio il Torino sarebbe dovuto andare in Svizzera a giocare ma in quell'occasione il governo alleato non concesse i necessari passaporti agli atleti italiani. È comunque sempre la Svizzera che tende la mano agli italiani, anche nel novembre di quell'anno. L'11 novembre gli elvetici avrebbero dovuto giocare contro la Spagna, ma a fronte del forfait iberico la Svizzera si rivolse alla Federazione italiana, suscitando il malcontento e le proteste delle Potenze vincitrici. Come ricostruisce Sbetti, già da alcuni mesi i rapporti tra FIGC e Federazione elvetica si erano infittiti tanto da organizzare un'amichevole tra la Svizzera B e una rappresentativa Alta Italia a Locarno, proprio per l' 11 novembre, ma il forfait della Spagna spinse la Svizzera ad invitare la Nazionale italiana in sostituzione, e la FIGC non se lo fece dire due volte. Come accennato, il passo della Svizzera mosse il malumore delle Potenze vincitrici in seno alla FIFA. Proprio il giorno prima di Svizzera-Italia, il Comitato Esecutivo della FIFA si ritrovava a Zurigo per la prima volta dopo la guerra in una riunione nella quale Rimet non aveva invitato i rappresentanti della nazioni sconfitte. Riunione quella della FIFA molto importante perché si sarebbe discusso proprio in merito alla permanenza dell'Italia all'interno della confederazione, al pari di Germania e Giappone. Francia e Paesi nordici erano propensi all'esclusione dell'Italia, altri contrari. La decisione della Svizzera prendeva in contropiede i rappresentanti della FIFA, ma ormai la partita era stata fissata e si giocò. Come si giocò e come si presentò l'Italia di Pozzo ha una rilevanza relativa, così pure il risultato sul campo. L'incontro finì 4 a 4, ma il fatto determinante fu ben altro. Il Comitato Esecutivo si chiuse con l'esclusione dalla FIFA di Germania e Giappone ma non dell'Italia. I delegati italiani riuscirono, anche grazie al passo compiuto dalla Federazione elvetica con l'organizzazione di quella partita, a non farsi escludere dalla FIFA. L'Italia, quindi, restava all'interno del consesso calcistico mondiale, ma ciò da solo non bastava a rasserenare il clima. Molti Paesi – soprattutto quelli nordici – avevano mal tollerato la decisione presa unilateralmente dalla Svizzera di organizzare quella partita, valutandola una troppo veloce “fuga in avanti” nel processo di “riabilitazione” italiana. Riprova ne è il fatto che la Nazionale italiana prima di disputare di nuovo un incontro internazionale ufficiale dovrà attendere più di un anno.


    (Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)

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