Quando i match sono big, l’Inter è small. Il problema è mentale, ma Inzaghi non trova la cura
Pasquale Guarro
Quattro scontri diretti persi su quattro. Cinque se consideriamo l’Udinese, visto che a settembre i friulani conoscevano le vette più alte della classifica. Big match, small Inter. La squadra di Inzaghi è malata, si sfalda alle prime difficoltà.Viene meno anche nei suoi uomini più esperti e questo rende il quadro generale molto preoccupante. Anche perché si lavora da mesi sugli stessi errori, che puntualmente si ripetono. L’approccio è sempre corretto, lo era stato con la Lazio e anche con la Roma. Lo è stato anche contro la Juventus, chiudendo sullo 0-0 una prima frazione che avrebbe dovuto vedere i nerazzurri in vantaggio con almeno un paio di gol di differenza sull’avversario. Ma il tandem Lautaro-Dzeko è tutto fuorché cinico e così capita spesso che l’Inter lasci aperta la porta di casa al proprio assassino, che si infila dentro e chiude la pratica al primo colpo. E qui tocchiamo un altro tasto dolente: subito lo svantaggio, l’Inter non è in grado di organizzare una reazione ordinata. A 13 giornate dall’inizio del campionato, l’Inter di Inzaghi si trova a -11 dalla prima in classifica (il Napoli) e con tutti gli scontri diretti persi. Una Caporetto. La corazzata forgiata da Conte, tutta nervi e fisicità, si scopre adesso fragile, soprattutto nella testa. Non si spiega diversamente l’errore fatale di un calciatore esperto come Barella, che da ultimo uomo e su angolo a favore, non stende Kostic e manda in porta la Juventus. Per un fallo non speso, un gol che chiude i giochi. Non solo allo Stadium, considerando che mai nella storia della Serie A, una squadra che ha perso 5 partite ha poi vinto lo scudetto. Allenare teste è ben più complesso che allenare muscoli, l’Inter si porta dietro vecchi problemi e per adesso non ha trovato una cura definitiva.