Premier. Wolverhampton: lezione allo scempio di Genova, ma l'Italia non impara
Il calcio è sentimento, passione, coinvolgimento. E' vittoria, pareggio e sconfitta, sorrisi e lacrime, promozione e retrocessione. E' capacità di accettare il risultato, qualunque sia, indipendentemente da quello che comporta. In Inghilterra tutto questo l'hanno imparato da un ventennio, da quando lo Stato ha messo fine all'incubo hooligans, da quando gli stadi sono tornati a ripopolarsi di famiglie, di bambini, di tifosi sani, attaccati alla maglia. Domenica, nel giorno dell'abominio di Genova, del sequesto dello stadio Luigi Ferraris da parte degli ultrà del Genoa, il mondo inglese ha dato un'altra, ennesima lezione di tifo, di stile, di rispetto.
A Wolverhampton, stadio Molineux, nel giorno della sconfitta contro il Manchester City e della matematica retrocessione dei Wolves in Championship i tifosi di casa hanno cantato e applaudito fino alla fine, senza sosta, con orgoglio, come se fosse una finale di Coppa. Niente fumogeni, niente tentativi di invadere il campo, ma il consueto supporto, nonostante il dramma sportivo, seguito dalle lacrime. Una lezione, quella di domenica, che difficilmente l'Italia imparerà. Finché negli stadi italiani il tifo organizzato avrà le sue leggi e le sue regole il modello inglese resterà un'utopia. E sarà inutile scandalizzarsi se nel futuro prossimo rivedremo le scene di Genova. Il calcio italiano è diventato di serie B anche per questo.