AFP/Getty Images
Prandelli: 'Insigne un talento naturale, ma quando lo convocai fui criticato. La Nazionale ritorni a essere prioritaria'
L'ex ct dell'Italia Cesare Prandelli, oggi allenatore dell'Al-Nasr, ha rilasciato un'intervista a Walter Veltroni per Il Corriere dello Sport, nella quale ha analizzato il momento di crisi del calcio italiano dopo la mancata qualificazione della Nazionale di Ventura al prossimo Mondiale. Un'analisi che parte dal ricordo delle sue immediate dimissioni al termine del ko con l'Uruguay nel Mondiale 2014 che sancì la nostra eliminazione al primo turno.
"Quando il progetto tecnico non ha ottenuto l'obiettivo, bisogna prendersi tutte le responsabilità. Io l'ho fatto e l'ho anche detto. Quando qualcuno si assume le proprie responsabilità, automaticamente libera tutti gli altri: nessuno deve fare nessuno sforzo per dire: "ma forse ho sbagliato anch'io qualcosa. Se lo rifarei oggi? Quando ho deciso, non sapevo che in quel momento anche il presidente federale Abete aveva formato dentro di sè un orientamento analogo. Noi siamo andati via, ma tutto il resto è rimasto uguale a sempre. Io e lui ci siamo presi le nostre colpe, con onestà, e in genere in questi casi non si sbaglia mai".
Qual è il male del nostro calcio? "In questo momento di crisi andiamo forte con le nazionali giovanili: qualche mese fa la nostra Under 20 è arrivata terza ai Mondiali, l'Under 21 in semifinale all'Europeo e facciamo bene con le Under 16 e 17. Il problema è che tutto si ferma lì, abbiamo abbandonato i nostri settori giovanili. Poche squadre in Italia hanno oggi la voglia e la forza di programmare puntando sui vivai. Colpa degli stranieri? Non credo, anche nei campionati esteri ce ne sono molti. Piuttosto dovremmo porre un tetto su quelli nei settori giovanili oppure farli diventare italiani dopo qualche anno, come avviene in Svizzera, in Germania, in Francia e in Belgio".
Sul difficile rapporto tra Lega di A e Federazione: "E' importante che in questo momento la Lega faccia una riflessione sulla Nazionale, perchè il Paese ne ha bisogno. Eppure non sento alcun tipo di proposta dai presidenti di Serie A. Ai miei tempi non ci fu alcun tipo di rispetto; ricordo che due giorni prima della mia prima gara da ct, l'amichevole contro la Costa d'Avorio, la Lega decise di far disputare in Cina la finale di Supercoppa Italiana...".
Su Insigne e la mancanza di talenti in Italia: "Quando lo convocai, fui criticatissimo. Ho sempre sostenuto che è uno dei pochi talenti naturali del nostro calcio: ha qualità, ha capacità di dribblare, di proporre assist, di fare gol. Cosa può fare di più? Però un tempo era stato criticato, per molti non meritava la maglia azzurra".
Come ha vissuto Italia-Svezia? "L'ho vissuta come chi ama la Nazionale. Vedere giocatori come Buffon lasciarsi andare emotivamente, piangere, fa star male. E' rabbia, è frustrazione. Abbiamo perso tutti, ha perso il calcio italiano. Hanno perso anche i media, che talvolta sottovalutano e altre sovrastimano un giocatore: in due secondi da noi diventi un campione e il giorno dopo sei un bidone, non c'è pazienza e così per un giovane è più difficile crescere". Su Ventura: "Da parte mia, c'è grande solidarietà. Non ha perso solo lui e non ha perso Tavecchio, ha perso tutto il calcio italiano. In questo momento, gli direi di vivere il quotidiano con le persone che ama e di sapere che è ancora stimato da molti".
A chi affiderebbe il futuro del calcio italiano? "Serve qualcuno che non abbia alcun interesse predefinito nel mondo del calcio, soltanto una persona che ami il Paese e voglia il bene di questo sport". Uno come Baggio o Albertini? "Il primo fu messo da Abete a capo del Settore Tecnico a Coverciano, l'altro era vicepresidente federale, ma spesso le loro competenze cozzavano contro gli assetti di un potere nel calcio sempre uguale. Baggio si è trovato in un mondo ostile, il calcio non era al centro dei discorsi; ci sono tante di quelle situazioni imbarazzanti che è difficile anche per uno come lui aiutare il nostro movimento. E infatti se n'è andato e questo deve far riflettere...".
"Quando il progetto tecnico non ha ottenuto l'obiettivo, bisogna prendersi tutte le responsabilità. Io l'ho fatto e l'ho anche detto. Quando qualcuno si assume le proprie responsabilità, automaticamente libera tutti gli altri: nessuno deve fare nessuno sforzo per dire: "ma forse ho sbagliato anch'io qualcosa. Se lo rifarei oggi? Quando ho deciso, non sapevo che in quel momento anche il presidente federale Abete aveva formato dentro di sè un orientamento analogo. Noi siamo andati via, ma tutto il resto è rimasto uguale a sempre. Io e lui ci siamo presi le nostre colpe, con onestà, e in genere in questi casi non si sbaglia mai".
Qual è il male del nostro calcio? "In questo momento di crisi andiamo forte con le nazionali giovanili: qualche mese fa la nostra Under 20 è arrivata terza ai Mondiali, l'Under 21 in semifinale all'Europeo e facciamo bene con le Under 16 e 17. Il problema è che tutto si ferma lì, abbiamo abbandonato i nostri settori giovanili. Poche squadre in Italia hanno oggi la voglia e la forza di programmare puntando sui vivai. Colpa degli stranieri? Non credo, anche nei campionati esteri ce ne sono molti. Piuttosto dovremmo porre un tetto su quelli nei settori giovanili oppure farli diventare italiani dopo qualche anno, come avviene in Svizzera, in Germania, in Francia e in Belgio".
Sul difficile rapporto tra Lega di A e Federazione: "E' importante che in questo momento la Lega faccia una riflessione sulla Nazionale, perchè il Paese ne ha bisogno. Eppure non sento alcun tipo di proposta dai presidenti di Serie A. Ai miei tempi non ci fu alcun tipo di rispetto; ricordo che due giorni prima della mia prima gara da ct, l'amichevole contro la Costa d'Avorio, la Lega decise di far disputare in Cina la finale di Supercoppa Italiana...".
Su Insigne e la mancanza di talenti in Italia: "Quando lo convocai, fui criticatissimo. Ho sempre sostenuto che è uno dei pochi talenti naturali del nostro calcio: ha qualità, ha capacità di dribblare, di proporre assist, di fare gol. Cosa può fare di più? Però un tempo era stato criticato, per molti non meritava la maglia azzurra".
Come ha vissuto Italia-Svezia? "L'ho vissuta come chi ama la Nazionale. Vedere giocatori come Buffon lasciarsi andare emotivamente, piangere, fa star male. E' rabbia, è frustrazione. Abbiamo perso tutti, ha perso il calcio italiano. Hanno perso anche i media, che talvolta sottovalutano e altre sovrastimano un giocatore: in due secondi da noi diventi un campione e il giorno dopo sei un bidone, non c'è pazienza e così per un giovane è più difficile crescere". Su Ventura: "Da parte mia, c'è grande solidarietà. Non ha perso solo lui e non ha perso Tavecchio, ha perso tutto il calcio italiano. In questo momento, gli direi di vivere il quotidiano con le persone che ama e di sapere che è ancora stimato da molti".
A chi affiderebbe il futuro del calcio italiano? "Serve qualcuno che non abbia alcun interesse predefinito nel mondo del calcio, soltanto una persona che ami il Paese e voglia il bene di questo sport". Uno come Baggio o Albertini? "Il primo fu messo da Abete a capo del Settore Tecnico a Coverciano, l'altro era vicepresidente federale, ma spesso le loro competenze cozzavano contro gli assetti di un potere nel calcio sempre uguale. Baggio si è trovato in un mondo ostile, il calcio non era al centro dei discorsi; ci sono tante di quelle situazioni imbarazzanti che è difficile anche per uno come lui aiutare il nostro movimento. E infatti se n'è andato e questo deve far riflettere...".