Post Calciopoli:| La nuova Juve ci crede
Da Bonucci a Krasic: ecco una generazione che non ha conti da regolare con il passato.
La Juve post Calciopoli comincia a crederci: "L'Inter non è lontana".
E il settimo giorno di una settimana impegnativa, Cagliari, Manchester City e Inter, Gigi Del Neri assemblò la Juve. Almeno a un certo livello: «Domenica sera a San Siro abbiamo dimostrato che la Juve c'è - diceva ieri Leonardo Bonucci - e senza voler illudere i tifosi, c'è la voglia e l'entusiamo per arrivare in fondo a tutte le competizioni». O la testa e la convinzione per provarci, come raccontava nella notte del Meazza Alex Del Piero: «Siamo soddisfatti, perché dopo questa settimana c'è la consapevolezza di poter stare al livello dei migliori».
Alti e bassi magari verranno ancora, ma puoi dire di esserci se esci senza ammaccature dai due collaudi fin qui più tosti, con Manchester City e Inter. La squadra c'è, insomma: «La partita con l'Inter - continua Bonucci - ha dimostrato che la Juve c'è. A San Siro abbiamo intrapreso la strada giusta e continuando a lavorare così non possiamo che migliorare ancora. Dopo la vittoria sul Cagliari è iniziato un nuovo corso». La parola scudetto resta off limits, solo perché i limits li ha già levati da tempo Del Neri: «L'ho detto - ripeteva il tecnico anche dopo il pareggio con l'Inter - questa squadra è no limits: vediamo dove possiamo arrivare». Intanto a sigillare una difesa che a casa del nemico non ha preso gol, ed è comunque parsa più solida: «Per noi che giochiamo dietro - aggiunge Bonucci, uno di quelli che pilota la retroguardia - la partita contro l'Inter era un grande banco di prova, pensando al valore del loro attacco». Gli errori passati sono stati i migliori consigli: «Avevamo ricevuto alcune critiche, anche pesanti - continua il difensore juventino dal ritiro della Nazionale - e ci sono servite da stimolo per migliorare e giocare ancor più concentrati». Non basta uno 0-0 però per spianare qualsiasi distacco o pronostico.
L'Inter resta la favorita: «Nel calcio, sia chiaro, può succedere di tutto - ribadisce Bonucci - ma per me la squadra nerazzurra resta un gradino sopra le altre, anche solo per il fatto di essere la detentrice della Champions League. Ma, ripeto, noi abbiamo dimostrato il fatto nostro». Come da pianificazione di Beppe Marotta, uno di quelli che questa Juve l'ha ristrutturata: «La squadra si è molto rinnovata - commenta il direttore generale bianconero - seguendo le linee guida della proprietà: abbiamo abbassato il profilo dell'età e quello degli stipendi, creando un modello. E penso che dopo due mesi, il lavoro di Del Neri stia dando i propri frutti: quando un giocatore o un dirigente indossa la maglia della Juve sa di portare addosso anni di storia gloriosa».
Solo che la storia, quella recente, rischiava ormai di annebbiare la ragione e inquinare l'anima, anche a chi andava sul campo: non dov'essere un caso, allora, se il fair play bianconero e la serenità in battaglia, sono arrivate da una squadra quasi senza reduci del 2006. C'era Giorgio Chiellini e, a partita in corso, Del Piero: nessun altro aveva le cicatrici di Calciopoli. Poi, chiaro, qualche merito avrà pure chi li pilota dalla panchina: «Del Neri è un tecnico esperto - dice ancora Marotta - che riesce a gestire le situazioni al meglio: si chiede sempre un allenatore straniero, come se si portasse dietro chissà cosa, ma credo che il prodotto italiano anche sul piano degli allenatori sia competitivo al massimo». Oltre a gestire, il tecnico ha contribuito all'evoluzione di Felipe Melo: «È un grande giocatore - argomenta ancora il dg juventino - semplicemente non si possono trattare i giocatori come delle macchine. Sono dei ragazzi e vanno aiutati nella crescita. Bisognava mettere Felipe nelle condizioni di esprimersi al meglio delle sue potenzialità». Come Del Neri sta cercando di fare con tutti: con la certezza di esserci, da domenica sera.