Sergio Porcedda, dopo 10 giorni da presidente del Bologna che idea si è fatto del calcio? «Da dentro l’ho vissuto con la stessa serenità di quando ero fuori, è vero che gli impegni sono aumentati ma da sempre noi siamo abituati a lavorare tanto». E’ già positivo che non abbia ancora pensato «ma chi me lo ha fatto fare». «State scherzando? Se è per questo posso assicurarvi che mi sono anche divertito. Magari fra qualche anno cambierò idea, ma non ne sono convinto. E sapete perché?». Perché? «Vi rispondo subito: c’è gente che fa calcio per vetrina, io invece lo faccio per passione. Anzi, tutta la mia società lo fa per passione. E questo è un motivo in più per fare bella figura. Noi siamo abituati a competere in tutto, è la nostra vita, lo abbiamo nel dna, e quando devi competere è necessario metterci la giusta cattiveria. Il Bologna lo voglio sempre così, come siamo noi. E’ evidente che ci sono squadre lontane dalla nostra realtà, e mi riferisco all’Inter, al Milan, alla Juventus, ma contro il Bologna tutte le squadre, e dico tutte, dovranno uscire dal campo e dire “oggi è stata durissima, il Bologna è una squadra fatta di gente tosta”. Posso aggiungere una cosa?». Certo, ci mancherebbe... «Io sono un innamorato del calcio, guardo tutte le partite di tutti i campionati, state sicuri che nel Bologna ci metterò sempre amore. Ebbene, l’amore che ci metto io dovranno mettercelo tutti, tecnici, giocatori, gli altri addetti ai lavori. Dico di più: prima dovremo essere squadra e famiglia durante la settimana, poi dovremo esserlo la domenica, altrimenti di strada rischieremo di farne poca». Ci racconti come è stato il suo primo giorno in Lega. «Sono stati tutti carini con me, da Galliani a Paolillo, da Mencucci a Lotito, da quelli del Genoa a quelli del Lecce». Manca solo che ci dica che è stato un bellissimo giovedì. «E’ stato un bel giovedì, ma la gioia più grande l’ho provata facendo una telefonata». A chi? «A Di Vaio, al nostro capitano per il suo compleanno. Pensate che alcuni anni fa trovai Marco, Zambrotta e Nesta con le rispettive mogli in un albergo di Saint Tropez, avrei voluto restare a parlare con loro per tre giorni di fila. Di Vaio non ricorderà, ma io ho ancora presente quei momenti nella mia testa».