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    Poco gioco e risultati altalenanti, ma Mourinho ha dato alla Roma più di ciò che si racconta. Friedkin, qual è il progetto?

    Poco gioco e risultati altalenanti, ma Mourinho ha dato alla Roma più di ciò che si racconta. Friedkin, qual è il progetto?

    • Renato Maisani
    Titoli di coda. Le strade di Josè Mourinho e della Roma si separano dopo 2 stagioni e mezza vissute su un ottovolante ricco di alti e bassi, costellato di frasi destinate a restare nei ricordi, di un trofeo - il primo internazionale vinto dal club giallorosso - e di una serie inarrestabile di sold out all'Olimpico, ma anche di un'atavica difficoltà nel produrre gioco (specialmente contro squadre di alta classifica) e di quattro derby persi su sei disputati, non un dettaglio nella Capitale.

    Josè Mourinho ha pagato un girone d'andata al di sotto delle aspettative sia sul piano del gioco - è innegabile - che soprattutto su quello dei risultati. Perché per quanto qualcuno continui a provare a raccontarla diversamente, alla fine sono i risultati a determinare le sorti di squadre e allenatori. E i risultati non sono arrivati. La Roma, seppur distante "soltanto" cinque punti dal quarto posto, in classifica occupa la nona posizione. E nelle precedenti due stagioni non è riuscita nemmeno a lottare per il quarto posto considerato l'obiettivo della proprietà.

    Risultati alla mano, dunque, contestare la gestione Mourinho è un qualcosa di legittimo, di giustificato. Ma nel corso di questi circa trenta mesi in giallorosso dello 'Special One' si è troppo raramente sottolineato un aspetto: se la Roma, oggi, può contare su calciatori di un certo spessore, il merito è tutto - o quasi - di Josè Mourinho. Dybala avrebbe accettato di trasferirsi in giallorosso rinunciando alla Champions se non fosse stato il tecnico portoghese a chiamarlo? Probabilmente no. E Lukaku? Probabilmente nemmeno. E Matic? Rui Patricio? Abraham? La risposta è sempre la stessa: no. E sono stati gli stessi protagonisti a riconoscere l'enorme peso della presenza dell'allenatore nella loro scelta di indossare il giallorosso.

    Quella operata oggi dalla proprietà romanista è senza ombra di dubbio una scelta rischiosa. Una scelta che forse un club in un'altra situazione avrebbe potuto permettersi, ma che la Roma rischia di non poter gestire senza conseguenze. È infatti facile immaginare che alcuni dei calciatori che avevano scelto la Roma proprio per via della presenza di Mourinho lasceranno la Capitale al termine della stagione, senza per di più - per ragioni diverse - permettere al club di fare cassa. E il mercato dei Friedkin, si sa, è limitato dal Settlement Agreement con la Uefa e non permette alla società di fare miracoli. Miracoli che, invece, ha saputo fare Mourinho, permettendo alla Roma di costruire un organico al di sopra delle proprie possibilità.

    Lo ha ripetuto più volte, Mourinho: certi calciatori non avrebbero mai scelto la Roma se non avessero avuto fare i conti con costanti problemi fisici. Ma forse nemmeno lui si aspettava di non poter contare praticamente mai né Smalling né su Renato Sanches, o così poco su Dybala. Non certo tre assenze 'leggere', insomma.

    A non deporre in favore di Mourinho c'è però l'atteggiamento troppo rinunciatario mostrato in alcuni big-match della stagione: su tutte le trasferte sui campi di Inter, Juventus e Milan, ma anche il derby di Coppa Italia della Lazio. Delle scelte talvolta difficili da comprendere e che, purtroppo per Mourinho, non hanno portato a casa risultati.

    La scelta della proprietà giallorossa, quindi, può sicuramente far leva su motivazioni "di campo" decisamente solide. Ciò che non appare solido è però il progetto del club. Se, come detto, Dybala e Lukaku (e non solo loro) decideranno di concludere la loro avventura in giallorosso al termine della stagione, a venire meno sarà anche quell'entusiasmo che innegabilmente Mourinho era stato capace di riportare sulla sponda giallorossa della Capitale e che, quasi "inspiegabilmente", è rimasto alto anche a seguito di risultati non entusiasmanti.

    Mourinho, Dybala e Lukaku. Un lusso per una società impossibilitata ad operare sul mercato e non in grado di offrire la "vetrina Champions". Un lusso che difficilmente dalle parti di Trigoria si rivedrà in tempi brevi. E per un club che non ha mai fatto dei trofei i propri principali motivi d'orgoglio, questo 'trio' rappresentava proprio una più che magra consolazione alla carenza di risultati. Adesso il rischio più concreto è quello di assistere a una "nuova depressione" dell'ambiente, anche perché immaginare un'inversione di rotta nei risultati e nel gioco (al netto del prossimo trittico di partite) è sicuramente un lavoro per ottimisti e l'atteggiamento da capopolo di Mourinho aveva se non altro rinvigorito gli animi dei tifosi, mai così vicini alla squadra dall'inizio delle gestioni americane.

    Ma i Friedkin hanno detto basta. Vogliono una squadra che giochi meglio a calcio e che raccolga dei risultati migliori. Li avranno? Difficile prevederlo. Ma avranno un allenatore capace di fare ciò che il club non riesce ancora a fare e cioè ottenere visibilità internazionale, convincere calciatori di spessore a indossare la maglia giallorossa e valorizzare i giovani del vivaio come nessuno prima di Mourinho aveva fatto? Qui la risposta è più semplice ed è un secco no. Ed è da qui che bisogna partire per commentare la scelta della proprietà e un giudizio sull'avventura in giallorosso di Mourinho. Per i più frettolosi un fallimento, per molti invece un percorso di innegabile crescita che però non ha ottenuto sul campo i risultati che è riuscito ad ottenere fuori. E che quindi non è bastato.

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