Il risultato più importante mi sembra quello dell’Inter a Bologna perché è l’unico che consolida qualcosa di nuovo. Gli altri danno solo più forza a qualcosa che viene già da lontano. L’Inter va vista ancora come una squadra che sta terminando la sua costruzione, Juve, Roma e Napoli sono oltre. Non ci sono segnali veri di rimonte reali. L’Inter ha vinto 9 delle ultime 10 partite, ma non ha preso un solo punto alla Juventus. Ne ha presi 3 alla Roma e 3 al Napoli, ma non servirebbero a niente da qui alla fine nemmeno tenendo questo ritmo ottimale. L’Inter guadagna sulle altre, non sullo zoccolo duro di squadre che vorrebbe attaccare. C’è però una crescita evidente, l’Inter è diventata un avversario scomodo, crede nel risultato, non si stanca di cercarlo. Vincere tante volte negli ultimi minuti è sintomo di squadra. È questo limite che andava superato, saper pensare insieme alla stessa cosa. L’Inter non è diventata adesso più forte di Juve-Roma-Napoli, ma oggi è l’avversario peggiore che possa capitare a chiunque, perché ha giocatori e importanza, coscienza di sé. Anche Gabigol è un sintomo, un segnale. Il suo gol è decisivo e fragile, ma un mese fa non l’avrebbe segnato. Come tutte le cose buone, l’Inter adesso spinge da sola la sua fortuna. Ci sta credendo. Meno si chiede a cosa e meglio sarà per tutti. Intanto domenica c’è Inter-Roma, partita reale, da cui non cercare inganni attraverso gli arbitri come è successo con la Juve. La Roma oggi vale la Juve, è più forte del Napoli, più concreta, con una spettacolarità solida, fuori da schemi diversi ma dentro l’universalità antica del calcio, palla rapida e fantasia, più un buon portiere e un grande centravanti. Batta questa Roma e l’Inter avrà trovato davvero se stessa. Nel frattempo la Juve scivola verso il Porto, che è una buona squadra ma non quanto la Juve. Le circostanze stanno mettendola fra le trequattro più forti d’Europa. È forse l’unica a crescere nel piccolo degrado generale. Ha ritrovato Dybala, ha sempre avuto Higuain, Le manca sempre completamente Pjaca, che nel progetto era invece l’ultimo trucco, il particolare del diavolo. Il mio dubbio è che non sappia cosa vuole, che cerchi tutto e non prenda niente per mancanza di buon senso. Ha mezzi evidenti, ma non è un giocatore, non ancora almeno. Punta l’uomo come un ragazzino in un prato, non ha malizia, non ha mestiere, non ha una luce. Per fortuna ha una squadra alle spalle. Intanto il Milan elimina la Fiorentina e tiene in gioco se stesso, partita che vale più per il futuro che per il presente, di calcio poco. Mario Sconcerti per il Corriere della Sera