Pizzo, dalla spada al calcio: 'Milan-Catania? Spero in un 3-3'
Si è appena laureato campione del mondo, a 28 anni, proprio nella sua Catania. Per lo specialista della spada Paolo Pizzo, atleta dell'Aeronautica militare, è decisamente un momento magico: a ottobre, come detto, la medaglia d'oro ai Campionati del Mondo di scherma (dieci anni dopo l'ultimo successo italiano), che lo ha lanciato definitivamente nel gotha dello sport italiano. E domenica c'è Milan-Catania, la sfida tra le sue squadre del cuore, entrambe ben lanciate in classifica. Già, perché tra le passioni di Pizzo il calcio occupa una posizione... da podio. Eppure non sempre è stato tutto rose e fiori: all'età di 13 anni ha dovuto subire un'operazione al cervello a causa di un tumore, tant'è che oggi è tra i principali testimonial dell'AIRC (Associazione Italiana Ricerca contro il Cancro). A dimostrazione che la forza di volontà è un motore davvero imbattibile. Calciomercato.com lo ha intercettato in quel di Roma, dove vive ormai da tre anni.
Paolo, domenica sarai a Milano, ospite d'onore della società rossonera, per Milan-Catania. Per chi penderà la bilancia del tifo?
'Per tutte e due, davvero. Spero sia un pareggio ricco di gol, magari un 3-3, così mi diverto e non soffro per nessuna delle due. Milan e Catania viaggiano di pari passo nel mio cuore: da bambino seguivo i rossoblù nel campionato di Eccellenza, e mi entusiasmavo con l'epopea degli olandesi in rossonero'.
Ci sono i presupposti, secondo te, per un altro colpaccio in trasferta del Catania?
'In una squadra di calcio più le cose vanno bene e più si entra in campo con spavalderia, quasi con arroganza. Quindi credo che nonostante la forza del Milan, il Catania giocherà senza timori e riuscirà comunque a fare un'ottima figura'.
È nata prima la passione per il calcio o quella per la scherma?
'Ho iniziato, da bambino, giocando contemporaneamente in una squadra di calcio e in una di pallavolo. Dopodiché, un giorno, ho conosciuto la scherma, ed è stato amore. Anche perché questo sport mi ha consentito da subito di girare l'Italia in lungo e in largo, e a me piace molto viaggiare; facendo calcio, invece, sei relegato nei campi della tua provincia per molti anni, e prima di andare fuori devi essere già piuttosto affermato. E poi io sono sempre stato un individualista...’.Ah beh, allora non ti chiedo nemmeno quale fosse il tuo ruolo in campo...
'Chiaro, il portiere. Poi nel tempo mi sono evoluto diventando un terzinaccio, di quelli che spazzano la palla in tribuna. Il pallone non l'ho mai abbandonato: pensa che dopo aver vinto il Mondiale la prima cosa che ho fatto è stata organizzare una partita di calcetto con i miei amici, seguita da una bella mangiata...'.
Operarsi al cervello per esportare un tumore, a 13 anni, non è una passeggiata. Eppure tu hai avuto una capacità di rialzarti e di combattere davvero invidiabile, visti i risultati. Cosa ti senti di dire, oggi, ad Antonio Cassano?
'Il suo caso mi ha ricordato molto il mio: un ragazzo, un atleta, nel pieno delle sue forze, che riceve un colpo così inaspettato. Io ho sempre lottato, e sono convinto che lo farà anche lui, perché l'agonismo che mette in campo riuscirà ad applicarlo anche in questa situazione. Tornerà ad essere un grande giocatore'.