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    Pirlo, il primo allenatore-algoritmo della storia: come Paratici è senza autocritica

    Pirlo, il primo allenatore-algoritmo della storia: come Paratici è senza autocritica

    • Fernando Pernambuco
      Fernando Pernambuco
    Da Omero a Kafka, passando per Ovidio, la metamorfosi è un caposaldo della letteratura occidentale: marinai trasformati in maiali, donne in arbusti, impiegati in insetti. Ultimamente abbiamo assistito a un altro tipo di trasformazione. E’ avvenuto nel mondo del calcio italiano. Un uomo è diventato un’altra cosa. L’uomo si chiama Pirlo, l’altra cosa algoritmo. Ci sfuggiva sempre un quid quando parlava, analizzava le sconfitte o le vittorie, rispondeva in conferenza stampa. D’accordo… la proverbiale assenza d’espressione, le tonalità identiche nella gioia come nel dolore. Insomma, l’inespressività sposata all’ assenza d’emozioni. Più inglese degli inglesi, più marziano dei marziani. Però continuavamo a domandarci: come mai? Cosa prova Pirlo? Cosa pensa?

    Ebbene: nulla. Perché siamo di fronte al primo allenatore-algoritmo della storia
    . Variano le domande, le partite, gli avversari, ma le risposte sono sempre le stesse: “abbiamo interpretato bene la partita”, “hanno interpretato male la partita”, “la Juve è un cantiere aperto…ancora il cantiere non è chiuso”. Dell’algoritmo il Maestro ha soprattutto una caratteristica: l’impossibilità d’autocritica. Chiedete a un algoritmo “dove sbagli?” Risponderà con un punto interrogativo. All’ennesima, ultima, brutta figura della sua squadra ha in sostanza risposto come sempre: “Non capiscono, io non posso stare nella testa dei giocatori”. Non lo sfiora il dubbio che sia lui a non farsi capire o che in quel che dice ci sia ben poco da capire. Di solito, un allenatore che perde parla così: “I ragazzi hanno fatto il possibile, la responsabilità è mia” e viceversa “Sono stati bravissimi, ho un grande gruppo… il merito è di chi va in campo”. Invece, dopo la sconfitta in casa col Benevento, l’algoritmo ha risposto: “Non posso mica andare in campo io al posto loro…”.

    La totale assenza di autocritica in una stagione che, per la Juve, si annuncia chiaramente pessima la ritroviamo in Paratici. Soprannominato dai malevoli Patetici, ha avuto, comunque, il coraggio di metterci la faccia. Già, ma che faccia era? Abbacchiata e orgogliosa. Di che? Dei 9 Scudetti, le Coppe Italia, le Supercoppe. Lo sport non è come l’archeologia: quando ci si attacca al passato vuol dire che il presente va male. “E perché mai!” esclama il Managing Director Football Area  juventino  (la qualifica in inglese dovrebbe infondere un senso d’ efficienza): “Sapete quante volte ho sentito dire che era finito un ciclo! Noi andiamo avanti con Andrea! Noi crediamo nel progetto! Bisogna pedalare a testa bassa! A testa bassa!” Ora, a parte che anche sulla cyclette la testa si tiene alta, pedalare a testa basa ti fa andare contro un muro.

    Ma, anche in questo caso, una frasetta del tipo “Forse abbiamo sbagliato qualcosa; non abbiamo previsto ecc.” non la si poteva dire? Un’accenno di autocritica, insomma per aver messo su una squadra che annovera un solo campione, per di più in fase di declino, due buoni giocatori, qualche comprimario e parecchi calciatori mediocri. Invece ci si appella ai trionfi passati: ma il nuovo bianconero motto non è “Vivi in avanti?” Per altro, la Juventus ha iniziato a decadere quando Paratici da bravo esecutore è divenuto stratega. L’anno scorso la Juventus ha acciuffato per i capelli il campionato ed è uscita agli ottavi in Champions. Quest’anno ha fatto assai peggio. E’ così strano parlare di fine d’un ciclo per una squadra a 10 punti dalla prima in classifica verso la fine del campionato, che, in Champions, esce agli ottavi malamente contro la più debole delle avversarie europee, perde in casa col Benevento e soprattutto passeggia su un macroscopico equivoco tattico in piena crisi d’identità? 

    La sorte poi non aiuta. Alla richiesta su chi considerasse il migliore dei registi, il grande drammaturgo Ionesco rispose: “Il caso”. Quasi contemporaneamente al disastro juventino col Benevento, Allegri rilasciava la sua intervista fiume, in cui fra l’altro, diceva: “Andrea alla Juventus sta facendo un buon lavoro”. Una regia magistrale!  

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