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Pippo Russo: Ranieri, ma quale fallito
La mancanza di tatto mostrata da Girard nei confronti di un collega è stata evidente nell’immediato. E a ciò, cinque mesi dopo quell’intervista, si aggiunge l’effetto-boomerang determinato dai risultati accumulati dal tecnico romano. Perché sarà anche vero che Ranieri non abbia “più fatto nulla di rivoluzionario” (ma poi, dove sta scritto che il compito di un allenatore sia per forza quello?), ma in compenso ha portato in testa alla classifica una squadra il cui obiettivo era la permanenza in Premier. Parlare di miracoli è sempre uno sproposito, ma certo questo è un caso in cui si può usare un aggettivo che nel linguaggio calcistico odierno è abusato: straordinario. Ranieri ha preso una squadra che nella scorsa stagione aveva tenuto per tre quarti di campionato un cammino da retrocessione sicura, salvo compiere uno scatto inatteso nell’ultimo quarto e arrivare a salvarsi persino comodamente, con 6 punti di margine sull’Hull City. Replicare un campionato da salvezza, magari senza i patemi vissuti fino a primavera, era quanto a Ranieri veniva chiesto. E invece egli ha già quasi accumulato in meno di un girone d’andata i punti collezionati dal Leicester durante l’intera stagione scorsa: 32 contro 41. Il club delle Midlands orientali è a un passo dalla quota salvezza, che è stata di 37 punti nelle stagioni 2011-12 e 2012-13, per poi scendere a 36 nelle ultime due. Se anche da qui in avanti la squadra da Ranieri dovesse essere riassorbita a metà classifica, rimarrebbe questa eccezionale cavalcata che l’ha portata a condurre un campionato di testa per quasi tutto il girone d’andata e a raggiungere l’obiettivo d’inizio stagione con mezzo campionato d’anticipo. Con tanti saluti a Girard e agli ulivi della sua mansion.
E tuttavia, riconosciuto a Ranieri il merito per quanto di memorabile sta facendo a Leicester, bisogna anche sottolineare un altro aspetto di questa sua avventura che adesso i suoi laudatori si sforzano di nascondere. Quando la scorsa estate l’allenatore romano è stato ingaggiato dal club inglese sono stati in molti (laudatori di oggi compresi) a manifestare perplessità, sia pur senza toccare gli estremi di Girard. Perché pareva che la carriera da allenatore di Ranieri avesse imboccato la fase del declino. In questo senso il tecnico romano ha sempre avuto un cammino segnato da alti e bassi a volte clamorosi. Basta guardare alle esperienze più recenti: una salvezza conquistata a Parma in condizioni che parevano impossibili; poi il biennio juventino, con una buona prima stagione alla guida di una squadra neopromossa e una seconda da dimenticare (tuttora molti tifosi bianconeri mostrano, nell’udire la parola “Ranieri”, reazioni analoghe a quelle degli interisti quando sentono proferire “Mazzarri”); due stagioni romaniste che avrebbero potuto avere un culmine trionfale, se non fosse stato per lo scudetto perso in casa contro la Samp, con via libera all’Inter del Triplete; poi l’esperienza proprio all’Inter, pienamente negativa, con subentro e esonero in pochi mesi; l’esaltante biennio a Monaco, con promozione dalla B alla prima stagione, e poi da matricola il secondo posto con accesso diretto alla Champions, che però non gli valsero la conferma per la terza stagione nel club pesantemente mendesizzato; e infine l’avventura francamente disastrosa sulla panchina della nazionale greca.
Quest’ultima esperienza pareva avere segnato definitivamente la sua carriera. E invece Claudio Ranieri ha saputo risollevarsi, andando oltre. In Inghilterra lo definiscono “the tinkerman”. Che è un termine dal significato non univoco, perché indica colui che interviene nelle situazioni e prova a rimediarle, un po’ rimettendole a posto e un po’ rabberciandole alla bell’e meglio. Un nomignolo che spesso lo faceva sorridere, ma che ultimamente durante alcune interviste è parso suscitargli fastidio. Vorrebbe essere etichettato in altro modo. Anche perché in questo caso, per una volta, Claudio Ranieri ha dovuto riaggiustare se stesso. E questo gli basta e avanza.
@pippoevai