Pippo Russo: Mineirazo, un'umiliazione che il Brasile non vuole dimenticare
Il testo della legge è accompagnato dal discorso con cui è stata presentata alla camara Municipal, nel quale Jota Silva spiega il senso dell’iniziativa e il suo carattere pedagogico. In questo senso sono di massimo interesse il primo capoverso e la parte iniziale del secondo. Il primo dice: “Questa data rimane segnata come il giorno peggiore nella storia del calcio brasiliano. La nazione si è sentita totalmente distrutta [a causa di] ciò che nel corso di molti anni l’aveva resa felice: il calcio”. Ancora più interessante, soprattutto per la sfumatura linguistica, il secondo frammento: “Il giorno 8 luglio, non è un giorno che debba essere commemorato, ma piuttosto deve essere ricordato come la maggiore tragedia del nostro calcio”. Al di là della retorica, ch’è tara inevitabile quando vengono mescolati calcio e sentimento nazionale, è di particolare interesse l’uso del verbo “lembrar” (“mas sim come ser lembrado”), che in italiano traduciamo con “ricordare”, ma che nella traduzione perde una parte importante del suo significato. Perché “lembrar” contiene anche il concetto di “ricordo come ammonimento”, ciò che in italiano si disperde e piuttosto rimanda al concetto latino di “memento”. Questo è il senso del “ricordare” che Jota Silva intende sollecitare attraverso l’istituzione per legge di un Otto Luglio: tenere a mente affinché serva costantemente da lezione. E lo ribadisce attraverso i tre interrogativi che pone a metà del documento: Qual è l’eredità lasciata al Paese dall’organizzazione della Coppa del Mondo? Qual è la lezione che le nostre autorità traggono da questa umiliante sconfitta? Cosa è cambiato nel calcio del cosiddetto “Paese del calcio”?
E a molti lettori questo atteggiamento verso le conseguenze di una partita di calcio potrebbe sembrare esagerato. Invece non lo è, se si pensa che stiamo parlando del Brasile. Cioè il Paese che ha reinventato il calcio e ne ha fatto un pilastro dell’identità nazionale. In questo senso, tanto il Maracanazo quanto il Mineirazo sono manifestazioni estreme di questa passionalità dell’atteggiamento nazionale verso il calcio. Con una differenza netta fra i due episodi, però. Il Maracanazo si verificò in un’epoca ancora di non pieno sviluppo del calcio mondiale, appena ripartito dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Per il Brasile il mancato trionfo nel mondiale casalingo parve il segno di un destino avverso, come una predestinazione a non dover vincere mai. Ciò che venne smentito soltanto otto anni dopo, quando la nazionale verdeoro inaugurò una serie che l’avrebbe portata a vincere tre mondali su quattro fra il 1958 e il 1970. Il Mineirazo arriva invece a suggellare un momento di massima depressione del calcio brasiliano. Che ai Mondiali, dopo la vittoria in Corea del Sud-Giappone del 2002, non era riuscito più a mettere la testa oltre il traguardo dei quarti di finale, e che giunto in semifinale nel mondiale casalingo del 2014 ha raccattato un Mineirazo. E che ormai anche in Coppa America rimedia figuracce in serie.
Lo shock di stavolta è più grande. Anche perché, come rimarca Jota Silva, il calcio brasiliano è più che mai nelle mani di affaristi e dirigenti corrotti. Per questo è giusto “lembrar” l’Otto Luglio, come del resto ha aiutato a fare anche ESPN con un reportage sui “protagonisti” di quel disastro, realizzato a un anno di distanza dai fatti (LEGGI QUI). Che si faccia per legge o meno, tenere a mente il giorno peggiore della sua storia può essere per il calcio brasiliano il modo migliore per provare a risollevarsi dalla mediocrità in cui è precipitato.
Pippo Russo
@pippoevai