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    Pippo Russo: minchia, signor Manenti!

    Pippo Russo: minchia, signor Manenti!

    Minchia, signor Manenti! L’hanno arrestata in un giorno di quasi primavera, dopo un periodo d’effimera gloria e sulla base d’accuse da far rabbrividire: peculato, associazione a delinquere, frode informatica, utilizzo di carte di pagamento clonate, riciclaggio e autoriciclaggio aggravato dal metodo mafioso. E chi se lo sarebbe mai aspettato che lei fosse così multitasking? Eravamo fermi a un bonifico che non partiva, forse perché al posto dell’Iban aveva digitato il codice a barre di una confezione di Fonzies. Che si sa come sono, la tentazione di leccarsi le dita è forte come raccontava quel vecchio spot, e nel pieno dell’estasi le è venuto di digitare la stringa numerica della confezione anziché quella che avrebbe fatto partire dalla Slovenia i denari necessari a salvare il Parma. Cose che capitano, così come capita che quei soldi mai partiti o comunque tornati alla casella di partenza siano rimasti lì. Che forse si stava ancora leccando le dita estasiato dai Fonzies, da non avere manco il tempo di pigiare un’altra volta il tasto dell’invio?

    Minchia, signor Manenti! È stato stoppato giusto il giorno prima dell’udienza presso il Tribunale fallimentare, dopo cui finalmente le cose del Parma si decideranno in un modo o nell’altro. E qualcuno al posto suo avrebbe già strillato contro la giustizia a orologeria. E però minchia!, signor Manenti, nel caso suo forse non c’era nemmeno l’orologio da consultare, così come non c’era più la Citroen C3 che le hanno sequestrato a causa d’una bazzecola di multe non pagate: 1.900 euro, e che sarà mai! È soltanto un quarto del capitale sociale del suo Mapi Group, sede sociale in una ridente cascina slovena a due passi dall’aia dei coniugi Suinovic. Possibile che nessuno voglia credere alla sua solvibilità? Potrà ben gridare contro il complotto che l’ha bloccata a un passo dal traguardo, perché certo lei domani si sarebbe presentato in tribunale con una valigia piena di soldi. E una confezione di Fonzies.

    Minchia, signor Manenti! Che a proposito di valigette un suo collega presidente di serie A ha detto di non fidarsi di lei e di non volerla più vedere alle riunioni della Lega. Quel collega si chiama Preziosi Enrico e di valigette piene di soldi se ne intende. Così come di condanne. Quattro mesi in via definitiva per frode sportiva, un anno e sei mesi in primo grado per evasione fiscale. Forse non voleva sentirsi chiedere come ci si debba comportare in certe situazioni, ché son cose dure e dolorose da rievocare anche dopo tanto tempo. O forse è solo che in quel Circolo di Ottimati che è oggi il mondo del calcio italiano uno come lei avrebbe rischiato d’essere fuori luogo, fra persone di così specchiata reputazione. Perché guardi un po’ le fedine penali e sportive, o soltanto gli incidenti di percorso giudiziari, che hanno coinvolto il presidente federale, o l’ex (?) consigliere federale con delega alle riforme, o il CT della nazionale, o persino il team manager della squadra azzurra. Una Banda degli Onesti come mai se n’è vista una al mondo. E come avrebbero potuto tollerare l’arrivo di qualcuno che rovinasse l’ambientino?

    Minchia, signor Manenti! Che bell’acquario di pescecani ha frequentato in poche settimane. Cordate russo-cipriote e finanzieri albanesi, fondi maltesi e gioiellieri piacentini. E lei nel mezzo a scivolare leggiadro come un’anguilla. Non le credeva nessuno ma erano tutti obbligati a crederle, perché questo è il calcio. E in fondo per capire come sarebbe andata a finire sarebbe bastato rievocare cosa lei aveva (non) fatto a Brescia soltanto poche settimane prima. Quando l’ennesima confezione di Fonzies aveva intralciato l’emissione di un altro bonifico, e anche quella volta tutto era finito lì come dentro la nuvola di un illusionista. Sarà mica colpa sua se nel calcio italiano di oggi il primo che arriva diventa un re se soltanto dice di esserlo, e tutti intorno gli stendono il tappeto rosso ché tanto c’è sempre tempo per verificare le credenziali. Lei in questo calcio ci stava perfettamente, l’uomo giusto al posto giusto. Le avessero dato tempo poteva candidarsi presidente federale, e scrivere un libro didattico sul calcio in caratteri braille.

    Minchia, signor Manenti! Solo lei poteva pensare di realizzare la plusvalenza del Millennio. Comprare a un euro e rivendere a 5 milioni. Un guadagno del 5 milioni per cento, roba che si sarebbe raccontata nei libri di storia economica. E in fondo cosa ci sarebbe stato di male? La proprietà è un diritto, e valutarla come e quanto ci pare fa parte del diritto d’esser proprietari. Se solo l’avessero lasciata fare avrebbe potuto appuntarsi al petto quest’altra medaglia, l’ennesima di una carriera contraddistinta da tappe memorabili come quella di… di… di…

    Minchia, signor Manenti! Ma lei da dove diamine viene fuori? Cosa ha fatto nella vita, quale curriculum imprenditoriale ha, e per conto di chi ha preso il Parma? E com’è che come fino a oggi nessuno-ma-proprio-nessuno le ha fatto queste domande elementari, le prime che in un paese normale le sarebbero state rivolte nel momento in cui si fosse avvicinato all’acquisto di una società di calcio? E perché bisognava aspettare che la portassero al gabbio affinché qualcuno si rendesse conto di come minchia!, un signor Manenti arriva e si piglia una società di calcio in serie A come se comprasse una scatola con dentro uansquadra del Subbuteo?

    Minchia, signor Manenti! Quello che nessuno le dirà mai è quanto lei rappresenti perfettamente il calcio italiano di oggi. Non un incidente, piuttosto un lungo docu-drama sulla terra dei Cachi e dei Tavecchi. Da far girare nei festival esteri della fiction al pari di un Videocracy, o di un Draquila. L’ennesima narrazione sulla decadenza italiana, e sull’affastellarsi di situazioni drammatiche ma non serie che sono la nostra palude quotidiana. Il materiale disponibile c’è, basta solo sceneggiarlo e montarlo. Il titolo? Troppo facile: Minchia, signor Manenti!

    Pippo Russo
    @pippoevai

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