Pippo Russo: Inter, azzardo incalcolabile
E dunque, come spiegare una situazione così contraddittoria? L’autore dell’articolo ha dato la sua lettura parlando di "rischio calcolato". L’Inter sta scommettendo forte sulla possibilità di agganciare un posto nell’edizione 2016-17 della Champions League, e di tornare a beneficiare della pioggia di denaro assicurata dalla massima competizione europea per club. Dunque, impegni di spesa rilevanti nell’immediato e spalmati nel breve termine, ma con la prospettiva di vederli coperti e sopravanzati dagli eventuali (e sottolineo: eventuali) introiti futuri da Champions League. Sarebbe coerente con questa logica anche la politica dei prestiti con riscatti molto onerosi da pagarsi a partire dalla prossima stagione. E dunque bisogna partire proprio da questi, per guardare da vicino la natura del rischio e capire quanto avveduto sia il calcolo su cui si basa.
Il sito Transfermarkt, alla voce "acquisti" della prossima stagione, mette a disposizione un dato perentorio: a giugno 2016 l’Inter dovrà sborsare 33,8 milioni di euro (LEGGI QUI) per riscattare quattro giocatori. I più onerosi sono due fra quelli arrivati durante le ultime settimane, e dunque rientranti nel "rischio calcolato": Stevan Jovetic, per riscattare il quale l’Inter dovrà versare 12 milioni al Manchester City, e Joao Miranda de Souza Filho, per il quale il club di Erick Thohir dovrà versare 9 milioni all’Atletico Madrid. Ma a giugno 2016 andranno onorate altre due cambiali, di lungo corso: quella relativa a Marcelo Brozovic, per cui andranno versati 5 milioni alla Dinamo Zagabria, e quella per Dodò, addirittura 7,8 milioni alla Roma (congratulazioni a chi ha confezionato il capolavoro). Inoltre, nel prospetto di Transfermarkt non rientra la cifra pattuita col Barcellona per il riscatto di Martín Montoya. Che andrebbe pagata nel 2017, e che secondo quanto comunicato è fra i 6 e i 7 milioni (LEGGI QUI). Ma riguardo a quest’ultimo dossier la situazione è in bilico. Il giocatore, che prima di approdare in nerazzurro non aveva celato le perplessità sul trasferimento, non ha convinto Roberto Mancini e sarebbe prossimo a essere rispedito in Catalogna. Tuttavia, fino a che ciò non avverrà, bisognerà aggiungere i 6-7 milioni alla cifra del “rischio calcolato”, che così salirebbe a 39,8-40,8 milioni entro il 2017.
Quanto detto fin qui riguarda il futuro prossimo interista, gravato da una montagna d’impegni di pagamento grande abbastanza da imbrigliare, nella peggiore delle ipotesi, la campagna trasferimenti dell’estate 2016. Ma poi c’è anche il presente, che si segnala per una perniciosa “aspettativa da tesoretto”. Una sorta "summer madness", l’insania estiva giustificabile per i tifosi (che per statuto hanno diritto all’irragionevolezza), ma assolutamente no per gli analisti. Si tratta di quel tic mentale secondo cui i denari incassati dalle cessioni debbano essere immediatamente spesi per acquisti. Tesoretti da reimmettere prima possibile sul mercato, e sena curarsi più di tanto dell’equilibrio economico-finanziario del club. È così nel caso del “tesoretto” ricavato dalla cessione di Mateo Kovacic, sull’ammontare del quale esistono peraltro versioni discordi: le fonti italiane parlano di 35 milioni più 5 di bonus eventuali, quelle spagnole dicono 32 più 3 di bonus eventuali. E non si tratta di differenze da poco, poiché balla uno scarto di 8 milioni. Giusto quelli della cambiale da onorare per il prode Dodò.
Ma il problema è un altro. E sta nel fatto che, anche prendendo per buona la cifra di 35 milioni (intermedia fra la minima di 32 e la massima di 40), essa non basta a coprire l’esagerato esborso per l’acquisto di Geoffrey Kondogbia: 36 milioni (secondo alcune fonti addirittura di più: 30 più 8 di bonus e commissioni varie), la somma più spropositata dell’estate 2015. E il saldo negativo che viene dal confronto fra le due operazioni di mercato non si ferma ai prezzi di compravendita. C’è anche un pesante rosso per quello che riguarda il foglio paga. Kovacic aveva firmato nel 2013 un quadriennale a 1,1 milioni annui più bonus, rinnovato a gennaio scorso con scadenza 2019, per una cifra intorno ai 2 milioni (LEGGI QUI). A Kondogbia è stato fatto firmare un quadriennale da 4,2 milioni a stagione, che coi bonus possono arrivare a 4,5 (LEGGI QUI). Dunque, due anni dello stipendio di Kovacic non bastavano a coprire un anno dello stipendio di Kondogbia. E sorvoliamo sul fatto che il Pacchetto Kondogbia prevedesse l’arrivo del fratello maggiore Evans, smistato in Lega Pro al Renate (LEGGI QUI).
C’è il “tesoretto” derivante dalla cessione di Kovacic, e c’è quello che viene dalla cessione di Xherdan Shaqiri allo Stoke City: 17 milioni, una cifra presentata così com’è, pronta a essere spesa e senza tenere conto dei 15 milioni che erano serviti a riscattare il calciatore dal Bayern Monaco. E c’è anche chi, come lo stesso sito Transfermarkt, conteggia come incassati i 10 milioni del riscatto di Ricky Alvarez da parte del Sunderland. Una cifra che gli inglesi non vogliono versare e attorno alla quale sta per aprirsi un contenzioso in sede Fifa dall’esito incerto (LEGGI QUI).
Questa è la situazione odierna dell’Inter, fra rischi calcolati e tesoretti opinabili. Con in più un allenatore che capricciosamente continua a chiedere rinforzi alla società, facendo come se la dimensione aziendale dell’Inter non fosse affar suo. Adesso i nomi che circolano con maggiore insistenza sono quelli di Mimmo Criscito e Ivan Perisic. Due giocatori che appartengono a club ricchi come lo Zenit San Pietroburgo e il Wolfsburg, di quelli con cui non è per niente agevole trattare. E infatti i tedeschi hanno già fatto sapere che il giochino del prestito con riscatto da versare l’anno prossimo non va bene: se i nerazzurri vogliono Perisic, paghino tutto e subito. L’Inter vorrebbe invece firmare un’altra cambiale da 15 milioni con scadenza estate 2016, ciò che farebbe salire il conto a quasi 50 milioni (senza contare i 7-8 per Montoya).
Tutto, pur di scommettere d’azzardo sul piazzamento in Champions: tre posti, di cui solo due con accesso diretto alla fase a gironi. E senza che chi di dovere faccia autocritica per il mediocre mercato dell’estate 2014 e per quello fallimentare (praticamente sconfessato) dell’inverno 2015. Programmazione? Non se ne scorge traccia. Meglio il rischiatutto. O la va o la spacca. Più che un rischio calcolato, un azzardo incalcolabile.
Pippo Russo
@pippoevai