Pippo Russo: Milan e Inter guidano il declino del calcio italiano
"Milano alla guida del progresso dell'Italia". I lettori più attempati ricorderanno questo slogan da campagna elettorale messo in circolazione nei primi mesi del 1992 dal PSI craxiano. Dapprima esso battezzò un'iniziativa milanese tenuta pochi giorni prima che con l'arresto dell'ingegner Mario Chiesa partisse la valanga di Tangentopoli. E successivamente venne utilizzato anche per le elezioni politiche celebrate in aprile, campeggiando sui manifesti elettorali in cui la figura di Bettino Craxi era sfinata fino al ridicolo. Su Cuore, il settimanale satirico diretto da Michele Serra, le ironie a proposito del Bettino smagrito si sprecarono. L'idea al centro dello slogan guardava a Milano, capitale del socialismo craxiano, come al motore di un processo di modernizzazione (vera o presunta) da rilanciare dopo i fasti degli anni Ottanta. Ma la formula non portò bene, e anzi segnò l'inizio del declino irreversibile per il Partito Socialista e per la sua classe dirigente.
Quello slogan mi torna in mente guardando alle sorti di Inter e Milan nella stagione in corso. L'annata probabilmente più grigia di sempre per il calcio milanese, caratterizzata dal rendimento nettamente al di sotto degli standard da parte di entrambe le squadre. Ciò che induce a parlare di una Milano alla guida del declino dell'Italia. Un'ex capitale del calcio nazionale e europeo che sprofonda nel grigiore, senza inviare segnali di riscossa a breve. Per comprendere quanto in basso sia caduto il calcio milanese non è necessario condurre analisi e approfondimenti. Basta guardare la classifica. Inter e Milan occupano rispettivamente il nono e il decimo posto. E questo è solo il primo fra i dati oggettivi che lasciano annichiliti. Ce ne sono altri. I punti di distanza dalla testa della classifica, che con due terzi di campionato disputato sono rispettivamente 25 e 26. Quelli dal terzo posto che vale il play off di Champions League, 10 e 11. Persino quelli dal quinto e dal sesto posto, che a seconda di chi vincerà la Coppa Italia potrebbero assicurare entrambi un pass per l'Europa League: 6 e 7 lunghezze di scarto. Numeri che non consentono repliche, e che fanno intravedere una prospettiva tanto inedita quanto umiliante: entrambi i club fuori dalle coppe europee nella stagione 2015-16. Ciò che per il Milan, fra l'altro, coinciderebbe con la seconda stagione consecutiva di assenza dalle competizioni continentali. Uno scenario da incubo, con una Milano sparita dalla carta geografica del calcio internazionale, ridotta a una qualsiasi provincia del calcio europeo.
Del resto, la lista degli obiettivi stagionali è un rosario di appuntamenti sfumati. Mai in corsa per lo scudetto. Quasi mai per un posto in Champions. Presto ai margini della corsa all'Europa League e entrambe eliminate ai quarti di finale dalla Coppa Italia. A dire il vero, l'Inter ha da giocarsi contro il Wolfsburg un (difficile) ottavo di finale di Europa League, competizione che da quest'anno mette in palio per la vincitrice un posto in Champions League. Discorso ipotetici dell'ennesimo grado, se si deve fare una valutazione serena delle cose. Tanto più che i segni del declino del calcio milanese non si fermano ai dati numerici e agli esiti fin qui maturati sul campo. Altri fattori vanno segnalati. A cominciare dalla ormai conclamata difficoltà a muoversi in sede di calciomercato, dove i due club continuano a mancare di una strategia chiara, per giungere alla loro scalabilità da parte di proprietà e capitali esteri. Uno dei due è già passato in mani forestiere, l'altro potrebbe farlo a breve. Per chi cercasse un segno a proposito di quanto il calcio sia percepito come un affare strategico da parte dei principali player del capitalismo italiano, eccolo qui: i due club nazionali con maggiore palmares internazionale, espressione della capitale economica del Paese, soci fondatori assieme alla Juventus della lobby europea del G-14, sono o s'apprestano a essere alienati all'estero senza che ciò susciti turbamenti particolari. E si dirà che queste sono le logiche economiche del calcio globale; ma è anche vero che c'è chi sfrutta e governa le spinte della globalizzazione e chi invece le subisce.
Questo è lo stato delle cose. Uno stato che dovrebbe spingere a interrogarsi mettendo da parte le appartenenze calcistiche e ragionando in termini di Sistema Calcio nazionale. E tale riflessione dovrebbe partire da un interrogativo: ma davvero il calcio italiano può permettersi una situazione in cui le due milanesi siano così dimesse? E che lo siano contemporaneamente, e per un periodo che minaccia di protrarsi? Si tratta di un interrogativo che non presuppone alcun atteggiamento di giustificazione nei confronti dei due club. Di cui, anzi, va detto che se si trovano in questa condizione è perché hanno fatto in modo di esserci, e dunque si sono meritati tutta intera la mediocrità di questo loro passaggio storico. Non è questo il punto. Il punto è che ogni movimento calcistico basa il suo stato di salute sulla continuità storica dei suoi club leader. Tutti quanti sogniamo un calcio più aperto e democratico, ma al tempo stesso siamo abbastanza disincantati da sapere che il peso della tradizione è parte essenziale del movimento. E che questo peso è tanto più rilevante nel momento in cui la competizione globale dei campionati nazionali, trasformati in prodotti da vendere a una sterminata platea televisiva, impone che il prodotto abbia un appeal e una riconoscibilità. Fattori che vengono garantiti dai club che nei paesi calcisticamente più sviluppati hanno fatto la storia del calcio sul piano nazionale e internazionale. In questo senso, la contemporanea latitanza di Inter e Milan dal giro europeo che conta e dalle posizioni di vertice del torneo casalingo diffonde e rafforza la sensazione di debolezza del calcio italiano.
E anche guardando alle dinamiche di casa nostra non si può non notare gli effetti depressivi sulla Serie A dati dalla mediocrità della Milano calcistica. Raramente si era assistito a un campionato così scarso di qualità e di emozioni. La Juventus lo sta stravincendo in souplesse, concedendosi molti passaggi a vuoto. Alle sue spalle Roma e Napoli stanno facendo a gara a chi NON merita gli altri due posti che valgono la Champions League. E certo il profilo del campionato rimarrebbe basso anche nel caso in cui almeno una delle milanesi tenesse una condotta all'altezza della sua tradizione. Ma con entrambe le milanesi fuori dai giri che contano la Serie A sprofonda definitivamente al rango di campionato nazionale di seconda fascia. Privo della propria tradizione, e incapace di costruirne una nuova. Un torneo che oltre a perdere la propria identità tecnica smarrisce anche i riferimenti riconoscibili. E quale che sia la vostra fede calcistica, questo è una pessima cosa per tutti.
di Pippo Russo
@pippoevai