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    Pioli non crede alle favole, nemmeno a quella di Ibra. Milan, visto che succede a rinviare il colpo in attacco?

    Pioli non crede alle favole, nemmeno a quella di Ibra. Milan, visto che succede a rinviare il colpo in attacco?

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    Il Milan e Stefano Pioli hanno troppi problemi e troppi casi urgenti a cui far fronte per preoccuparsi dell'ennesimo ritorno di Zlatan Ibrahimovic. Il fantomatico salvatore della patria che, dopo 8 mesi di stop, soltanto con la sua presenza scenica e un indiscusso ed indiscutibile carisma sarebbe in grado di risollevare una squadra in totale sbandamento e dall'encefalogramma piatto. Questi però sono toni e contenuti da favola, che non tengono in considerazione che la carta d'identità recita 41 per il campione svedese e che un intervento delicato come la ricostruzione di un ginocchio a questa età non può non lasciare strascichi. Di certo non è una storia da libro cuore capace di commuovere lo stesso Pioli.

    "L'autonomia è quasi nulla perché ha fatto un mezzo allenamento e la rifinitura di oggi. Il suo ruolo è di grande motivatore e grande giocatore. Fuori dalla lista Champions? Non ci sono rimpianti e non ce l'ha nemmeno lui. La sua garanzia è troppo limitata. Tutti dicono tra un mese magari sarà pronto? Io posso controllare le mie scelte e cosa fanno i miei giocatori". L'allenatore rossonero è stato molto tranciante e realista nell'analizzare le attuali condizioni di Ibra, che salvo intoppi strapperà la convocazione per la partita di domani sera contro il Torino. E soprattutto ha spento sul nascere i primi slanci di entusiasmo di una tifoseria infiammata dalle consuete parole cariche di retorica del gigante di Malmoe. Come se la sua sagoma imponente e minacciosa per compagni avversari fosse di per sè la panacea ad ogni tipo di male. Come se la sola apparizione di un giocatore che nell'ultima stagione non è andato oltre le 11 partite da titolare in campionato potesse ribaltare lo stato di involuzione della rosa di Pioli.

    Ibra non è pronto, non può esserlo e chissà se mai lo sarà, tenuto conto dell'aspetto anagrafico e del recente storico sul fronte infortuni. Torna ad essere motivo di riflessione la valutazione fatta dalla dirigenza del Milan al momento di puntare ancora su di lui dopo un'annata sofferta dal punto di vista atletico come quella passata. E torna ad alimentare il dibattito la scelta fatta in estate in sede di programmazione, quando al solito intramontabile Giroud si è deciso di affiancare due calciatori che comportassero un esborso economico pressoché minimo per le casse del club. Quindi la permanenza di Ibra e la scelta caduta su Origi piuttosto che su altri profili a parametro zero sottoposti all'attenzione di Maldini e Massara. Da quanti anni ormai il Milan rinuncia scientemente all'acquisto di un centravanti di prospettiva e che, anche in termini economici, rappresenti l'investimento di punta dell'attuale progetto tecnico? Un rinvio dietro l'altro che alla fine presenta il conto e ti fa pagare dazio. Bastassero i proclami di Ibra, Pioli avrebbe risolto molti dei suoi problemi. E invece...

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