Getty Images
Pioli: 'Ibra un animale. Scudetto? Calma, serve equilibrio, ma il Milan è il posto giusto. L'esonero all'Inter...'
SUL RUOLO - "Bisogna essere furbi. A me piace essere schietto e diretto, ma a volte devi far finta di niente, dire e non dire, per il bene della squadra. Altre devi essere un paraculo, perchè in gruppo ci sono equilibri sottili e bisogna pesare rischi e vantaggi nel tenere un comportamento invece che un altro".
SUGLI INIZI AL MILAN - "L'hashtag #PioliOut? Nel calcio non esiste equilibrio: o sei troppo bravo o sei troppo scarso. Ma non è così e io so che non è così. Ho la bacheca vuota, ma sono convinto delle mie capacità. Perciò mi disinteresso di quel che si dice all'esterno. Per vincere ci vuole la squadra adatta, e io fino ad oggi non credo di averla avuta. Ci sono andato vicino con la Lazio, arrivando in finale di Coppa Italia e Supercoppa, ma mi sono trovato davanti la Juventus. Sono stato un vincente quando ho preso la Salernitana che doveva fare la C e invece ci siamo salvati bene in B. Al Bologna, preso con un punto in 5 giornate, alla fine me ne ha fatti fare altri 50. Alla Fiorentina, portata all'ottavo posto. Alla Lazio, finita terza dopo non so quanti anni. Nel calcio ti appiccicano un'etichetta, che quasi mai rispecchia un giudizio completo. Mi ricordo con piacere questa frase: 'Pioli è un allenatore signore o un signor allenatore?'".
I SUOI MODELLI - "Trapattoni, Bagnoli e Ranieri. Bagnoli parlava poco, ma i suoi giudizi erano sferzanti. Ranieri è stato uno dei primi a praticare la 'zona'. Sono stato suo giocatore a 27-28 anni e ho cominciato a interessarmi del lavoro 'dall'altra parte' della barricata. E' stata la spinta decisiva".
SU KESSIE E CALABRIA - "Discussioni iniziali? Quando non ti conosci ancora bene, succede. Avevamo idee diverse su certi aspetti del lavoro quotidiano e del gioco. Non sempre è facile far capire subito i tuoi metodi, la tua cultura del lavoro, le tue idee di gioco, il modo di stare in campo. Specialmente quando subentri a stagione iniziata, hai poco tempo per raddrizzare le cose e quindi pretendi che gli altri ti capiscano velocemente. Quando non succede, ci sta lo scontro, ma rientra in un normale processo di crescita. Il risultato sono il Kessie e il Calabria che vedete oggi".
SULLE ESPERIENZE CON LAZIO, INTER E FIORENTINA - "Male alla seconda stagione? Delle tre, sono sicuro di avere delle responsabilità solo alla Lazio. E' il mio rimpianto, perché il primo anno giocammo in maniera fantastica. Con l'esperienza che ho oggi avrei gestito in maniera diversa certe situazioni dentro la squadra. Non intervenni nella maniera giusta per risolverle. L'Inter? Non si può giudicare un allenatore per sei mesi di lavoro, e il livello della Fiorentina era quello di dove l'ho lasiata. In generale, rispondo che ci sono allenatori giovani che sono già completi, a me è servito più tempo. Oggi mi considero un tecnico adatto a qualsiasi squadra. E al Milan mi sento al posto giusto al momento giusto".
SUL MILAN - "Qui c'è una proprietà che non ti fa mancare nulla. Con Maldini, Massara e Gazidis lavoro in sintonia. C'è un gruppo di giocatori he la società ha plasmato, migliorandolo poco alla volta. Non abbiamo ancora fatto niente, ma i risultati parlano".
SUGLI OBIETTIVI - "A Milanello dobbiamo essere equilibrati e intelligente: la stagione scorsa siamo arrivati a 12 punti dalla zona Champions e a 17 dalla Juve campione. Non è giusto pensare allo scudetto quando sono passate appena dieci giornate. Dobbiamo solo avere il coraggio di continuare a crescere, essere ambiziosi e provare a vincere tutte le partite, perché siamo il Milan e abbiamo qualità. Ad aprile vedremo dove saremo".
SUL COVID - "Quando scopri di essere positivo un po' di preoccupazione ti viene, soprattutto perchè avevo contagiato mia moglie e mio figlio. Per fortuna ho avuto sintomi leggeri, neanche ho perso olfatto e gusto, quindi tutto sommato ho passato questo periodo con serenità".
SUL MILAN SENZA IBRA - "La squadra è consapevole delle proprie qualità e ormai ha ben chiari i concetti di gioco. Detto ciò, sappiamo quanto Zlatan sia stato importante per la crescita del gruppo e quanto importante sia la sua presenza in campo. Ma abbiamo altre caratteristiche da sfruttare quando non è con noi. Primo incontro? L'ho aspettato in palestra a fine allenamento, è arrivato che era buio. Ci siamo abbracciati, mai avevo abbracciato uno così grosso. Ho conosciuto poche persone così intelligenti e simpatiche. Ma fuori dal campo perché - dentro - Ibra è un animale. Ed è un complimento, sia chiaro. Gli ho chiesto di mettere al servizio di una squadra giovane le sue qualità".
SUGLI STADI DESERTI - "Noi cresciuti grazie a quello? No. Siamo cresciuti da gennaio in poi, col lavoro e l'arrivo di Ibra, Kjaer, Saelemaekers. Non vediamo l'ora di tornare a giocare davanti ai nostri tifosi. Non sono ruffiano: mai visto un pubblico caloroso e comprensivo come il nostro. Con loro saremmo più forti e gli avversari dovrebbero temerci molto di più".
SU LEAO - "Lo frega il linguaggio del corpo. E' un ragazzo molto intelligente, ma ogni tanto dà la sensazione di stare in mezzo alle nuvole. E' cresciuto tanto, ma si gioca il posto con Rebic e Hauge, perché per essere ambiziosi abbiamo alzato il livello di competitività della squadra. Mi piacerebbe che avesse più entusiasmo, dovrebbe ridere di più".
SUI GIOVANI - "Ci sono momenti in cui vanno 'accarezzati'. Non li rimprovero mai per un errore tecnico, ma se non si mettono a disposizione del compagno. E non sarò mai uno che dice 'palla di qua, palla di là'. Non mi piacciono gli schemi. Suggerisco dei principi di gioco, ma in campo devono essere i calciatori capaci di leggere le situazioni e muoversi di conseguenza".