Petrucci a CM, il 'nuovo Totti' che giocò nel ManUtd: "Ho insegnato il romano a Pogba con Romanzo Criminale in tv"
“United grab new Totti”. Il Manchester United prende il nuovo Totti. Così titolava in prima pagina il Daily Mail il 13 giugno 2008, quando Davide Petrucci inizia un’avventura che non aveva neanche mai immaginato: "Quando un ragazzo fa bene nelle giovanili magari si parla di lui, ma finire sulle prime pagine dei giornali principali in Italia e in Inghilterra è stata una sensazione incredibile" ci racconta oggi il centrocampista, protagonista in Serie C nel Messina. E c'è qualcuno che quella prima pagina se l'è conservata: "Mio nonno ha tutti gli articoli su di me da quando ho iniziato, sicuramente avrà anche quello. Quando lo vado a trovare ci facciamo una partita a biliardo e sfogliamo quei ricordi". Lui sognava di crescere e giocare nella Roma; i Red Devils?! E chi se l’aspettava…
Ti sentivi davvero il "nuovo Totti"?
"Erano anni in cui facevo tanti gol e assist, ecco perché mi hanno dato quell'etichetta. Ma sono errori che si fanno spesso con i giovani, io penso che ognuno ha il suo percorso e di Totti ce n'è uno solo".
Negli Allievi della Roma hai avuto Andrea Stramaccioni come allenatore.
"Mi ha fatto fare il salto di qualità, con lui ho sentito di aver raggiunto il mio punto più alto possibile, e questo mi ha permesso di attirare l'attenzione del Manchester United".
Vi sentite ancora?
"Ultimamente no, anche se negli ultimi anni abbiamo mantenuto un ottimo rapporto. Ora ho visto che sta facendo il commentatore, ma potrebbe allenare gran parte dei club di Serie A".
A quei tempi eri il classe ‘91 più forte d’Italia.
"Io ero consapevole della mia forza, ho sempre lavorato duramente vivendomi quel momento con tranquillità".
Poi arriva il Manchester United: ci racconti il primo pensiero quando hai saputo del loro interesse?
"Volevo rimanere alla Roma, il sogno di una vita. Per me c'erano solo i giallorossi".
E poi?
"Confrontandomi con i giocatori delle nazionali Under avevo saputo che avevano tutti dei contratti, noi della Roma no. Così mio padre chiese alla dirigenza se ci fosse questa possibilità spiegando che avevamo anche altre offerte; ma se avessimo firmato saremmo rimasti lì. Loro pensavano stesse bluffando e che non ci fossero proposte, così ci dissero che la filosofia del club era quella di non fare contratti ai giovani".
Invece il Manchester United c'era davvero.
"Ero e sono molto amico di Macheda, quando giocavamo insieme in Nazionale c'erano osservatori dello United che venivano a vederlo e gli dissero che erano interessati anche a me. Visto il comportamento della Roma, ho fatto le mie valutazioni e ho accettato il Manchester. Erano gli anni d'oro di una delle squadre migliori d'Europa".
Tornando indietro rifaresti quella scelta?
"Certo, altre mille volte. Lì sono cresciuto molto sotto l'aspetto umano, ho imparato la lingua, conosciuto tantissime persone e mi sono confrontato con nuove culture".
In quel Manchester c'era anche Cristiano Ronaldo.
"Mamma mia, Cristiano è competitivo su ogni cosa. Insaziabile. Voleva vincere anche le partite di ping pong".
Che rapporto avevi con Ferguson?
"Considerava tutti allo stesso modo, io ero trattato come i top player. Non mi vedeva come un ‘bambino’ come succede spesso in Italia con i giovani".
A Manchester hai vissuto insieme a Pogba.
"Eravamo nella stessa struttura dove il club ospitava i ragazzi. Siamo cresciuti insieme, era il periodo di ‘Romanzo Criminale’ e così lo chiamavo sempre con i nomi dei personaggi della serie. Lui si vedeva le puntate insieme a me, io Macheda gli abbiamo insegnato un po' di romano".
In campo eravate una delle coppie di centrocampo più forti al mondo a livello giovanile.
"Penso di sì, per due anni consecutivi abbiamo vinto qualsiasi tipo di competizione a livello giovanile".
Lo senti ancora?
"Ogni tanto sì. Gli ho mandato un messaggio di vicinanza in un momento complicato per lui; conoscendolo, è stato solo una vittima. E' sempre stato un professionista esemplare, non credo che nel tempo sia cambiato".
In quel Manchester, oltre a Macheda, c'era anche Gollini con il quale sei molto amico ancora oggi.
"Arrivò qualche anno dopo di me, lui era un sedicenne e io il capitano della squadra giovanile: l'ho aiutato a inserirsi in gruppo. Oggi siamo molto legati, lui è stato il padrino di mio figlio e quando riusciamo andiamo in vacanza insieme".
Chi era il giocatore che ti impressionava di più in quella squadra?
"Senza dubbio Paul Scholes. Era di un altro livello. La sua intelligenza calcistica era impressionante: non sbagliava nulla".
Poi è stato tuo allenatore nella squadra riserve.
"Gli chiedevo sempre se si fermava per aiutarmi e darmi consigli. E lui, che avrebbe potuto tornare dalla famiglia, era sempre lì con me”.
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