Petkovic, trionfo e mistero: 'Resto alla Lazio? Vedremo...'
"Questo è il successo più importante della mia carriera. Il futuro? Aspettiamo, ho ancora un anno di contratto...".
Lazio, trionfo di Petkovic tra gioia e mistero: "Resto? Vedremo".
Vlado, fortissimamente Vlado. Ma, anche, enigmaticamente Vlado. La sesta Coppa Italia della Lazio è figlia di tanti protagonisti, da Klose a Hernanes, da Candreva a Marchetti, da Ledesma a Biava. Ma sopra tutto e tutti c'è il volto sereno, onesto e affabile del suo allenatore. L'uomo che ha reso possibile questo miracolo, il tecnico che ha rigenerato un organico che pareva giunto al capolinea, il mago che è riuscito a regalare alla Lazio il trofeo più bello di sempre, perché ottenuto ai danni della rivale di una vita. Un uomo che ora è il ritratto della felicità, anche se — nel momento più bello — allunga pure qualche ombra sulla sua permanenza sulla panchina biancoceleste.
Si scrive Petkovic, si legge Lulic - La sesta Coppa Italia laziale porta la sua firma perché questa Lazio è la sua Lazio. Una squadra che ha meno individualità rispetto ad altre formazioni (la Roma, per esempio), ma che nel corso dell'intera stagione è stata più squadra di tanti avversari più forti. In campionato la magia è durata per mezza stagione, in Coppa Italia il miracolo si è realizzato fino in fondo. Ma questo trofeo porta la firma di Petkovic anche perché a realizzare il gol partita è stato il suo pupillo, l'allievo prediletto, il giocatore che più di ogni altro incarna lo spirito che l'allenatore chiede ai suoi giocatori: Senad Lulic. Erano insieme nel 2008 quando Petkovic perse con il Bellinzona la sua prima finale (di Coppa Svizzera). Lui era l'allenatore di quella squadra che, pur giocando in Serie B (alla fine di quell'annata sarebbe stata promossa in A), arrivò sino alla finale della Coppa nazionale, salvo poi perdere col Basilea. Lulic era in campo a stantuffare sulla fascia sinistra. Come ieri. Per entrambi la vittoria dell'Olimpico è stata la chiusura del cerchio, per Petko ancor di più perché, a differenza di Lulic, di finali ne perse pure un'altra, l'anno successivo. E in quell'occasione non alla guida di una piccola squadra, ma del quotato Young Boys (contro il Sion).
Coppa e saluti? Sembrava una maledizione, un sortilegio impossibile da spezzare per Petkovic. E invece... «Sì, questa è la gioia più grande — grida alla fine l'allenatore —, il risultato più importante della mia carriera. Ho vinto due campionati (uno col Bellinzona, l'altro col Malcantone Agno, ndr), ma sollevare al cielo un trofeo prestigioso come la Coppa Italia è un'altra cosa. Lo dedico alla mia famiglia e a tutto il gruppo. I ragazzi sono stati eccezionali nel corso dell'intera stagione: questo è il premio a tutto il loro lavoro, dal ritiro estivo fino ai quattro giorni trascorsi a Norcia in questa settimana». Eppure, sul volto di Petko, accanto alla soddisfazione c'è anche un velo di amarezza. Che, forse, potrebbe aprire scenari tutti da verificare nei prossimi giorni. «Se resto? Adesso pensiamo a festeggiare, poi valuteremo tutto con calma». Una risposta che lascia aperta la porta a qualsiasi soluzione, anche se il tecnico aggiunge: «Ho un altro anno di contratto, quindi...». Per il suo allievo, per l'uomo che gli ha consentito di mettere le mani sulla sua prima Coppa, invece, c'è spazio solo per la gioia: «Ancora non mi rendo conto di cosa abbiamo fatto — dice Lulic —. Il gol? Bravo Candreva, io mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto. Lo dedico a mia moglie che aspetta un bambino».