Pernambuco: la noia di Lippi
Lippi è tornato dai trionfi cinesi dichiarando che non avrebbe più allenato, che Viareggio (soprattutto d’inverno) è il più bel posto che ci sia e senza andare ogni tanto a sentire il profumo della Capraia soffre. Invece ora afferma che “l’estate è finita, i bagni (leggi stabilimenti balneari) si chiudono e arriva l’inverno”, quindi non gli dispiacerebbe tornare ad allenare, magari “una squadra giovane”. Strano. I viareggini anche se sembra che aspettino l’estate amano l’inverno . Ma quella stessa Viareggio che un tempo era il suo rifugio e la sua tolda di comando, ora gli sta stretta. Ricordate quando sbattendo la porta il faccia all’Inter, dopo poche partite di campionato, dichiarò che “avrebbe tirato un bel calcio nel culo ai giocatori”? Ebbene se ne ritornò in tutta fretta in Versilia, non aprì bocca con nessuno e qualche mese dopo fu trovato, in una luminosa giornata di febbraio, a “fare i nicchi”, cioè a pescare le arselle col rastrello in mezzo al mare. Poi ci fu il trionfo mondiale. La sua città gli dedicò un gigantesco striscione, che recitava: “Agroppi allenatore fallito/L’uomo di rena è diventato un mito”. La Pineta, la Stella Rossa (sua prima squadra), lo Stadio dei Pini, la darsena e Via Coppino eran già ricordi lontani; ormai abitava in Passeggiata, in un attico sul mare. Sembrava dopo l’ “esilio cinese”, che il Caffè New York, la barca, la pesca delle arselle, gli amici (il dottor Petri, interista doc, in testa) e i continui saluti, abbracci, festeggiamenti lo cullassero fra una libecciata e l’altra. E invece no, il cuore batte ancora, la passione non si ferma. In fondo Paul Newman (un nome non casuale) non recitò fino ai suoi ultimi giorni?
Mazzarri, a Empoli lo dipingono come un leone in gabbia. “Chi ‘l tegnerà?” diceva D’Annunzio. Chi lo tiene fermo Mazzarri? La sua passione, infatti, non è il calcio, ma l’agitarsi. Il calcio è una scusa, una possibilità di “menare le mani” in senso buono, di non stare mai fermo, di disporre, cambiare, urlare, brandire il fischietto e rilasciare interviste sempre ai limiti dell’ invettiva. Povero Mazzarri, anche se ben pagato e ben pasciuto, ormai è da troppo tempo lontano dalle gesticolazioni verbali, dalle polemiche; ormai da troppo tempo è ibernato, prigioniero d’un silenzio ingiusto e inflessibile. Ci manca. Non il suo calcio, ma la sua faccia, le sue mani, le sue corse furibonde nel pur breve spazio della panchina. E poi le interviste dopo la partita. Mai domo, sembrava perennemente sudato anche se era perfettamente asciutto.
Fernando Pernambuco