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    Per una volta 'oscuriamo' Higuain e mostriamo ai nostri figli i veri eroi

    Per una volta 'oscuriamo' Higuain e mostriamo ai nostri figli i veri eroi

    • Marco Bernardini
    Lo sport come educazione e palestra di vita. Lo sport come modello utile ai nostri figli per favorire la loro crescita fisica e interiore. Siamo molto bravi, in teoria, a lanciare questo tipo di slogan che peraltro è perfetto. Nella pratica, però, ci mostriamo piuttosto disattenti permettendo ai fatti di essere oscurati dalle parole.

    Ciascuna attività agonistica, dalle più popolari a quelle meno frequentate, possiede per l’immaginario collettivo la valenza rappresentata di eroi più o meno super. I giovani specialmente sono attratti dalle loro figure esteticamente invidiabili e dalle loro vite private nelle quali confluiscono tesori materiali di ogni tipo, denaro e belle donne e automobili da favola, perlopiù negati alla maggioranza degli umani. Tentare di seguire la loro strada e provare a ripercorrerne le gesta è il sogno segreto coltivato dai nostri ragazzi.

    L’incanto per Higuain come quello per il “Dottore” Valentino piuttosto che per la “freccia” Bolt o per il rocambolesco Hamilton lascia davvero poco spazio a chi pure lo meriterebbe. Allora io credo che, in questi giorni di eventi a cascata, ciascun buon genitore dovrebbe provare il dovere di far cambiare ai loro ragazzi il canale televisivo e, per un’ora al giorno, sintonizzarsi sulle reti che mandano in onda le Paralimpiadi di Rio de Janeiro. Un’ora di lezione. Non di pietà ma di vita.

    L’esistenza di coloro che il destino ha voluto emarginare nella zona opaca dell’invisibilità quotidiana e che grazie allo sport, surrogato da una volontà di ferro, hanno trovato la forza per farsi beffe di quello stesso destino infame nemico. Giovanissimi, giovani ma anche uomini e donne ormai fatti che lottano per la conquista di una medaglia il cui valore è immensamente più alto di quello che, in precedenza, aveva mandato sulla scena delle Olimpiadi i normodotati. Atleti privi di braccia, di gambe e addirittura di tutti e quattro gli arti. Ipovedenti e non vedenti. Disabili di ogni grado e natura. Ciascuno di loro provvisto degli occhi della tigre, anche coloro che non possono vedere la luce.

    La nostra Monica Contrafatto, ex caporale dei bersaglieri, che ha lasciato la gamba destra in Afghanistan per lo scoppio di una bomba. Vola sulla pista in tartan. Bebe Vio, 19 anni, senza braccia a gambe procede sulle orme di Valentina Vezzali. Markus Rehm, tedesco, dello “Blade jumper” si lancia nel lungo sulle protesi. L’americano Matt Sturtman come un pesce, in piscina, senza braccia. Il bielorusso Alexander Triptus, in carrozzella da trent’anni dopo che venne colpito da un fulmine che lo paralizzò, il quale lancia il giavellotto verso il cielo come se volesse colpire la luna.

    I nostri azzurri Bettella e Morlacchi che faranno ritorno in Italia con al collo la medaglia d’argento vinta nel nuoto. Un’ora al giorno, in loro compagnia. Non è tempo sciupato. E sono certo che Higuain e tutti i campioni come lui di ogni disciplina sarebbero felici nel sapere che, per una volta, sono stati “oscurati” nelle case degli italiani dove i nostri figli erano impegnati a seguire importanti lezioni di vita mostrate loro da veri eroi.
     

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