Per l’Inter crollo senza fine. Reja, quando la dignità non ha prezzo
di Xavier Jacobelli, editorialista di quotidiano.net
No, questo non è l'anno dell'Inter. Prendere gol al 93' da Andrè Ayew Hussein, figlio di Abedi Pelè, dopo avere quantomeno limitato i danni con un pareggio amorfo, significa incassare la quarta scomnfitta consecutiva, ma, soprattutto, dimostrare che quando si ha paura non si va da nessuna parte.
Già le scelte iniziali di Ranieri avevano suscitato forti perplessità. Milito e Pazzini fuori, dentro Sneijder, sempre più l'ombra del grande calciatore che è stato sino a due anni fa, assieme a Forlan e a Zarate, semplicemente inutili.
Va bene la prudenza, va bene la cautela, ma c'è modo e modo di perdere contro la quarta in classifica del campionato francese, staccata di 12 punti dal Psg di Ancelotti che comanda la Ligue 1. E, a parte le sinistre annotazioni statistiche (quarto ko di fila, nona partita consecutiva con gol al passivo, 17 reti incassate in un mese), è il non gioco che preoccupa. Quest'Inter sembra paralizzata dalla paura di perdere e per questo continua a perdere. Ranieri dà l'impressione di essersi infilato in un vicolo cieco: continua a cambiare modulo e non ci azzecca mai. Le dichiarazioni post partita lo dimostrano: ma come si fa a essere soddisfatti di quest'Inter?
Marseille a l'italienne, titola il sito dell'Equipe. La maniera più appropriata per commentare una gara noiosa, monotona, generatrice di sbadigli. Certo, la rimonta a San Siro è possibile, ma se l'Inter è questa accozzaglia di buone intenzioni, è destinata all'inferno.
A Madrid, intanto, nella gara di ritorno dei sedicesimi di finale di Europa League, la Lazio scende in campo contro l'Atletico nella peggiore delle condizioni possibili. E non tanto per la sconfitta dell'andata che compromette le chances di qualificazione. Ma per la grottesca situazione che ha scandito le ore della vigilia, con le dimissioni di Reja ufficialmente respinte dalla società che, in realtà, sta affannosamente cercandio un sostituto da annunciare dopo avere affrontato la squadra allenata da Simeone.
Ancora una volta, Edoardo Reja ha dimostrato di avere la schiena dritta mentre Lotito sta riuscendo nell'impresa senza precedenti di rompere con l'allenatore nonostante la squadra sia attualmente al terzo posto in classifica.
Da quando è arrivato alla Lazio, il sessantaseiennesignore goriziano ha letteralmente fatto le nozze con i fichi secchi, con tutto il rispetto per i fichi secchi. Subentrato a Ballardini il 10 febbraio 2010, dopo avere rescisso il contratto con l'Hajduk Spalato, Reja ha portato la Lazio dalla zona retrocessione alla salvezza. Nella stagione successiva, ha guidato la squadra al quarto posto ex aequo con l'Udinese e l'ha riportata in Europa.
In quest'annata, l'allenatore si è addirittura superato: ha infranto il tabù del derby, ha portato la Lazio in zona Champions League e per questo, in gennaio, si aspettava rinforzi degni di questo nome. Invece, anzichè consolidare l'organico, la società l'ha indebolito. Sono stati ceduti Sculli e Cissè che, per carità, aveva abbondantemente deluso. Ma rinunciare al francese e all'ex genoano tornato genoano per prendere Alfaro, uruguaiano di belle speranze e Candreva, proveniente dal Cesena prigioniero del fondo classifica, ha significato tarpare le ali al sogno di essere competitivi sia in Europa sia in campionato (Atletico e Palermo docent).
Reja ne ha preso atto e si è regolato di conseguenza, nonostante abbia dalla sua parte la squadra e i tifosi, conquistati dal tecnico che pure, in settembre si era già dimesso di fronte all'incomprensibile scetticismo che lo circondava a Roma.
La dignità non ha prezzo