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  • Pepito Rossi a CM: "Io emarginato, poi è arrivato Ferguson. Da Giggs a Ronaldo, al ManUtd li battevo tutti"

    Pepito Rossi a CM: "Io emarginato, poi è arrivato Ferguson. Da Giggs a Ronaldo, al ManUtd li battevo tutti"

    Giuseppe o Pepito? Dall'altra parte del mondo Rossi se la ride: "E' uguale, ma Giuseppe ormai mi ci chiamano solo in famiglia". Pepito ha appena smesso con il calcio, il 22 marzo scorso al Franchi di Firenze ha giocato la partita d'addio insieme a tanti ex compagni; poi è tornato in America: "Qui non ho nessuno del mondo del calcio" ci racconta nella nostra intervista. Poco male, perché oggi l'ex attaccante fa il marito e il papà a tempo pieno: "Quando finiamo devo andare a prendere mia figlia a scuola". E allora la chiacchierata sfila veloce e senza pause.

    L'addio al calcio di Pepito Rossi è stato organizzato da Oltre Consulting (business hub specializzata in Sport Marketing & Entertainment), con la collaborazione di ACF Fiorentina, il sostegno della Regione Toscana e Toscana Sportiva e il Patrocinio del Comune di Firenze.

    Come nasce il soprannome Pepito?
    "Grazie a Enzo Bearzot, che tanti anni fa disse che avevo caratteristiche simili a Paolo Rossi, Pablito. E quindi io diventai Pepito, un soprannome rimasto in testa a tanti".

    A 12 anni hai lasciato il New Jersey per trasferirti con la famiglia a Parma, che ricordi hai di quel periodo?
    "Ero visto da tutti come l'estraneo, lo straniero. Venivo emarginato, ma il calcio mi ha aiutato ad avvicinarmi agli altri. Era il mio mondo, quella zona di confort nella quale mi sentivo a mio agio; cercavo la loro approvazione attraverso un pallone".

    Il primo impatto quindi non è stato un granché.
    "Uno choc. Vivevo in America con genitori originari dell'Italia del Sud dove i rapporti e le tradizioni erano diverse rispetto al Nord Italia. Loro si sono dovuti adattare alla cultura americana, io ho dovuto fare il contrario".

    A 17 anni ti viene a bussare il Manchester United.
    "Il primo incontro c'è stato dopo un allenamento con la Primavera del Parma. Una persona mi si avvicina, mi dà una spilla di una squadra in mano e mi dice che quella è la società interessata a me. Apro la mano e vedo la spilla dello United. Io ero innamorato di Cole e Yorke, il giocatore preferito di mio padre era Giggs; quando gli ho raccontato che mi cercava il Manchester non ci ha creduto".

    E poi...
    "Qualche giorno dopo siamo andati a pranzo fuori con questa persona e abbiamo fatto il contratto. Era il mio primo da professionista, non ci è voluto molto tempo per trovare l'accordo".

    E il Parma?
    "Sacchi, all'epoca ds, ha provato a trattenermi facendo un incontro con me e mio padre. Ma come fai a dire di no allo United?!".

    Era l'estate 2004, te ai Red Devils e Lupoli all'Arsenal: eravate i due gioielli del calcio italiano, vi siete più sentiti?
    "Ci siamo rivisti al mio addio al calcio, il Pepito Day; e quando ci siamo rincontrati è stato come la prima volta in cui abbiamo iniziato a giocare insieme. Una volta ci siamo anche affrontati in Inghilterra in un Arsenal-Manchester di FA Cup".

    Ci racconti quello spogliatoio tra Cristiano Ronaldo, Rio Ferdinand, Rooney, Giggs, Scholes...
    "Io lì dentro mi sentivo piccolo, e a 17 anni è giusto così. E' stato bello far parte di quel gruppo potendo prendere spunti da tanti campioni che mi hanno insegnato come comportarmi sia dentro che fuori dal campo".

    Un aneddoto che ti viene in mente?
    "Spesso nello spogliatoio giocavamo ai due tocchi: vincevo sempre io. Ho battuto tutti, da Ronaldo a Giggs. Anzi, quasi tutti: l'unico col quale non riuscivo a vincere era Paul Scholes. Molti giocatori dopo un po' hanno smesso di giocare, forse si vergognavano di perdere contro un ragazzino".

    Pepito Rossi a CM:

    Un ricordo con Ferguson?
    "Avevo 18 anni, ero titolare in FA Cup: all'intervallo perdevamo 0-1 e dopo un primo tempo in cui avevo giocato bene e preso una traversa Ferguson mi toglie per mettere Rooney. Si è arrabbiato dicendomi che dovevo fare meglio, anche se non meritavo quella sostituzione ha preso me per dare una scossa a tutti: l'abbiamo ribaltata vincendo 2-1".

    Ci sei rimasto male?
    "Un po' sì, mi chiedevo cosa avessi fatto di male. Il giorno dopo però era tutto dimenticato, arrivò all'allenamento e mi sorrise subito".

    Chi era il difensore più difficile da superare nella partitella d'allenamento?
    "Vidic, un animale: avevo paura ad andargli incontro perché ti prendeva a calci. Ti sfondava, così dovevo trovare una strategia per superarlo. Credo sia stato uno dei migliori centrali degli ultimi vent'anni".

    E l'avversario più forte che hai incontrato in campo?
    "Sergio Ramos, tecnicamente, fisicamente e per posizione è uno dei difensori più completi della storia. Quando incontravo lui era sempre difficile, non aveva punti deboli".

    Il compagno migliore?
    "Ho sempre avuto una grande ammirazione per Van Nistelrooy, per me era un esempio. Aveva la capacità di liberarsi della marcatura e tirare in porta con una velocità pazzesca".

    Chi sono i tuoi amici nel mondo del calcio?
    "Non ne ho molti, però mi ha fatto molto piacere vedere tanti ex compagni al Pepito Day. Per me era una serata importante, e il fatto che ci fossero molte persone fa capire che non bisogna essere per forse amici e sentirsi tutti i giorni per rimanere nel cuore della gente. Io ho sempre cercato di essere il miglior compagno possibile, di diventare leader facendo azioni giuste seguendo i principi e i valori dello sport".

    Sei entrato nella storia del Villarreal come miglior marcatore nelle competizioni europee, che ricordi hai degli anni in Spagna?
    "Bellissimi, mi hanno dato molto. E' stata la mia prima esperienza ad alti livelli, avevo vent'anni e loro mi hanno dato subito fiducia lanciandomi titolare. Sono state cinque stagioni durante le quali mi sono tolto molte soddisfazioni giocando in Champions e lottando con top club come Real Madrid, Barcellona, Atletico...".

    Pepito Rossi a CM:

    Il primo anno conquistate uno storico secondo posto dietro al Real Madrid.
    "E' stato il miglior piazzamento nella storia del club, la mia prima possibilità di lottare per qualcosa d'importante. Perché quell'anno avevamo pensato concretamente di poter vincere il campionato, chiuso poi a -7 dal Real Madrid".

    In quel periodo ti aveva cercato anche il Barcellona.
    "Avevo già firmato il contratto, ma i club all'ultimo non hanno trovato l'accordo perché il Villarreal voleva alzare la parte fissa e il Barcellona era disposto ad aumentare solo i bonus. Alla fine presero Sanchez".

    E' vero che avevi firmato anche con il Bayern Monaco?
    "Il mio agente Federico Pastorello era a Monaco davanti a un contratto di cinque anni, quel giorno lo chiamano per dirgli che mi ero fatto di nuovo male al ginocchio. Così il Bayern fece saltare tutto".

    E' anche il periodo durante il quale subisci infortuni importanti che ti condizionano il futuro: che carriera avresti fatto senza tutti quei problemi fisici?
    "E' normale pensarci, mi capita più ora di quando giocavo. Ma sono domande senza risposta, evidentemente doveva andare così. Non ci si può sempre chiedere il perché, altrimenti si entra in un mood depressivo dal quale poi è difficile uscire".

    Come si recupera psicologicamente da un ginocchio rotto?
    "Tenendo vivo quel sogno che avevo da bambino, deve essere sempre presente e non deve esserci nulla che possa distogliere i pensieri da quel sogno. Mi ha aiutato tornare all'essenza di questo gioco, agli inizi, il divertimento...".

    E' vero che sei stato vicino alla Juventus?
    "Vicinissimo, mi volevano per il dopo Del Piero. L'offerta è arrivata il mese dopo la trattativa con il Barcellona: 30 milioni sul piatto per il Villarreal. Ma nello stesso mese avevano già venduto Cazorla e non volevano mandare via un altro giocatore importante. Così mi sono incontrato con il presidente e con il ds spiegando che la Juve mi offriva il doppio di quanto prendevo, bisognava trovare un modo per avvicinarsi il più possibile alla loro proposta".

    Anche in quell'occasione saltò il trasferimento.
    "A dire il vero anch'io non mi sentivo sicuro di andare in una squadra che aveva tanti punti interrogativi e all'epoca finiva spesso a metà classifica. In più non volevo fare la guerra a una società che aveva deciso di vendere Cazorla e tenere me".

    Kean è arrivato a 16 gol con la Fiorentina eguagliando il tuo record in viola in una stagione. Quanto ci tieni ai tuoi primati?
    "E' sempre bello avere dei record, tenerli ed essere riconosciuto come un giocatore che ha fatto cose importanti nel calcio. Ma è ancora più bello vedere la gente che si diverte davanti a una giocata, le emozioni valgono più di ogni record e io da calciatore ho cercato di regalarne il più possibile".

    Che emozione è stata tornare al Franchi per la partita d'addio?
    "Una grande emozione. E' uno stadio che mi ha sempre dato tanto, lì ho passato i momenti più belli della mia carriera. Sentire il coro 'il fenomeno, il fenomeno...' mi ha fatto sentire a casa".

    Qual è stato il compagno che ti ha fatto più piacere rivedere?
    "L'affetto che ho ricevuto da tutti è stato incredibile, non ce n'è uno in particolare. La cosa più bella è stata la loro scelta di venire al Pepito Day e trascorrere una giornata insieme a me, un qualcosa che non mi dimenticherò mai...".

    Hai già pensato a cosa fare in futuro?
    "No, ancora non lo so; però penso che in qualche modo rimarrò nel calcio. Questo sport per me è vita, è tutto; senza di lui la vita sarebbe noiosa. Spero di trovare una strada che mi renda felice e di avere tempo per stare con la famiglia, perché dopo tanti anni in cui ho dedicato più tempo al mio lavoro che a loro adesso credo sia giusto stare più con i miei cari".

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    randagol
    randagol

    Grandi qualità,grandissima sfortuna.

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