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    Pellissier, il granata che non conoscevo: conquistato con un paio di scarpe

    Pellissier, il granata che non conoscevo: conquistato con un paio di scarpe

    • Bernardo Brovarone
    Ero a San Siro a vedere una partita di Coppa UEFA, durante l’intervallo incontro un vecchio amico che collaborava con me a Tuttosport, un uomo calcisticamente colto e preparato, i suoi spunti, le sue dritte erano sempre da ascoltare e valutare con attenzione, la storia parlava per lui, i giocatori stessi del settore giovanile del Toro lo adoravano e rispettavano. Mi parla di un ragazzo che gioca nel Torino Primavera e mi consiglia di dargli un’occhiata, un attaccante velocissimo ambidestro realizzatore con testa sulle spalle,umile ,lavoratore, con grande futuro secondo lui. Lo vedo la prima volta a Torino in un allenamento, c’era una nebbia fittissima e si vedeva il giusto sinceramente, mi fermai fino al lunedì e domenica mattina andai a vedermi la gara di campionato.

    Incredibile il fascino di quell’atmosfera, si respirava la storia granata,
    nebbiolina alle dieci la mattina, campo circondato da tifosi molti dei quali anziani, con qualcosa di granata addosso, silenziosi ma polemici, meravigliose le discussioni in dialetto piemontese durante la gara, nessun gesto isterico, poche urla, ma martellamento continuo fra loro. Ero in brodo di giuggiole, per chi ama il calcio, il suo romanticismo, la sua storia, il fascino del pallone e della casacca granata, l’odore dell’olio canforato, dell’erba bagnata, dei sigari della gente, era un freddo cane ma volavo… 

    Questo ragazzo lo osservavo e sinceramente lo capivo poco, giocava largo, poi faceva la prima punta, rincorreva tutti, non
    calciava mai in porta, non riuscivo a decifrarne le caratteristiche, le qualità. La partita non fu eccitante, termino’ 1-1 mi sembra che segno’ Lo Gatto per il Toro, un centrocampista con poco passo ma era un amore. Decido di andare a vedermi un’altra gara nei giorni successivi e questa volta il ragazzino valdostano fece il diavolo a quattro. Me ne innamorai completamente, non lo vedevano neanche passare, era una saetta, segno’, fece segnare, lavorava a tutto campo con forza e fiato da paura, intelligente, generoso, potente, fra l’altro ambidestro, aveva anche quel vantaggio. Lo aspetto fuori dagli spogliatoi, ci faccio due chiacchiere sotto il pullman del Toro, ci scambiamo i numeri telefonici e rientro a Firenze. Parlavamo poco al telefono, lui era molto riservato e timido, veniva da Aosta, mi ricordo mi raccontavano che prendeva tre corriere per arrivare a Torino e andare a scuola la mattina, si alzava alle quattro per essere puntuale in classe.

    Non sentiva nulla, carattere incredibile, voglia di arrivare a fare il giocatore e pochi altri pensieri per la testa. Per cercare di prenderlo in procura gli offrii la possibilità di avere una sponsorizzazione per le scarpe da gioco, cosa che in quei tempi era
     prassi praticamente, ma lui mi gelo’, voleva solo Adidas e io quel marchio non potevo offrirglielo. Feci la mia solita follia, andai allo Sport Shopping in via Masaccio a Firenze e comprai due World Cup nuove di zecca, le infilai sciolte senza scatole in una busta grande Adidas, e andai a Genova a vedermi Sampdoria-Torino un sabato pomeriggio. Mi sembra che termino’ 2-2 doppietta del mio bambino, partita mostruosa del numero undici granata, il suo nome era Sergio Pellissier.

    I due gol del
    Doria li segno’ Carparelli, me lo ricordo ancora. Lo aspettai dopo la doccia, gli consegnai le scarpe, era felicissimo, ma sempre umile, carino da morire, mi raccontava della partita, era naturalmente soddisfatto, era di una dolcezza questo ragazzo e di una meraviglia in campo che mi faceva sciogliere. Naturalmente le sue prestazioni riasaltavano agli occhi di tutti e in breve iniziarono i problemi.

    Non avevo la forza in quei miei primi mesi di attività per controbattere le avanzate degli agenti più forti e potenti, cercai di stargli vicino più che potevo, ma un pomeriggio dopo una partita mi arrivo’ la telefonata che temevo. Si giocava Milan Torino di coppa Italia a Milano, io non c’ero, e successe una cosa molto sgradevole, che non
    racconterò mai, ma che mi fece perdere il giocatore. Non fu neanche lui a chiamarmi per raccontarmi tutto, seppi tutto da un suo compagno, e mi cadde il mondo in testa, non me lo dovevano toccare il mio Pelo.

    Ma oggi che il calcio l’ho conosciuto in lungo e largo, mi scappa da ridere a ripensare a quei momenti, a quanto niente potevo contare, a quanto ero indietro, a quanto poco appeal e zero potere potessi avere di fronte a una preda così ambita. Ma presi una botta fra capo e collo che solo io posso ricordare. Naturalmente ho seguito tutto il suo percorso professionale
    continuandolo ad amare con tutte le mie forze, qualche anno fa andai a Coverciano per un raduno di una nazionale non mi ricordo neanche di quale categoria e mi regalo’ la sua undici bianca dell’Italia, che vive nel mio scaffale collezione maglie come fosse quella di Antognoni semifinale Spagna ’82.

    L’ho pure sentito per telefono cinque sei anni fa, lo chiamai dalla finestra del palazzo di una radio dove lavoravo, volevamo fare un collegamento con lui prima di un Fiorentina
    Chievo, e fu davvero emozionante ascoltarlo. Resta una frammento di storia professionale che mai dimenticherò, e neanche Sergio dimenticherò… qualcosa ti ho dato anche io vecchio Pelo, e sono fiero di averti visto segnare tutti quei gol in serie A. Resto del parere che un giocatore come te avrebbe dovuto vivere una carriera ancora di più alto spessore, ne ho visti veramente pochi di quella qualità, ma il calcio lo sappiamo bene come funziona, si inventa campioni mai esistiti e toglie la gloria a potenze certificate… buona vita meraviglia dei miei occhi… e forza Toro sempre .

    www.bernardobrovarone.it 

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