Pellegrini: 'Volevo riprendere l'Inter, speriamo che i cinesi portino Messi'
Cavalier Pellegrini, patron dell’Inter dal 1984 al 1995, la Cina: da mercato da esplorare a padrone. Molti tifosi credono che la storia nerazzurra sia destinata alla tragedia.
«Avevo dato il benvenuto a Thohir e lo do ora ai cinesi. Ho conosciuto il primo e anche i secondi. Thohir è un giovane in gamba. Dico giovane in quanto con l’età che ha potrebbe essere mio figlio».
E dopo le frasi di circostanza?
«Lo penso sul serio. Quest’anno non siamo entrati in Champions: con meno errori e maggior fortuna avremmo potuto farcela. Ma la questione, vede, è un’altra. Ho conosciuto due degli esponenti cinesi in una recente gara allo stadio Meazza».
Anche loro in gamba?
«Di primo impatto sì».
Non si senta obbligato a trattenere giudizi…
«Il cambio societario è una conseguenza di una non azione».
Sua?
«Eh… Da solo non ce l’avrei mai fatta. Troppi soldi per ricomprare. Avevo cercato, prima di Thohir, di creare una cordata di imprenditori italiani. Ero pronto, gli altri no».
Sia sincero: in queste ore le sarà sicuramente passato per la testa di…
«Le ripeto che da solo è una sfida insostenibile. Certo, e mi ripeto di nuovo, ci fossero stati dei soci, magari…».
L’Inter come probabilmente il Milan ai cinesi. Una ferita per Milano?
«Ferita no. Che sono dispiaciuto, non posso nasconderlo. Mica ci siamo soltanto io e Moratti. Ce ne sono tanti, di imprenditori milanesi, che avrebbero potuto osare. Sono due aziende, d’accordo. Ma prima sono un simbolo».
E anche un amore?
«Amore è una parola preziosa, da centellinare. Diciamo una passione. Una straordinaria passione che macera ma a volte ti fa vivere momenti di emozione unica. Io ho l’Inter nel cuore e morirò con l’Inter nel cuore. E per quale motivo? Anche perché amo Milano. Le due squadre di calcio sono un mondo a parte, chi è presidente di Inter e Milan ha un impegno solenne, un’investitura enorme di fiducia. Proprio nessun imprenditore poteva osare? Dov’è la spinta a rischiare, caratteristica dell’anima di Milano?».
A cosa sono stati dovuti i rifiuti?
«La classe imprenditoriale, in generale, non ha fiducia completa nei tempi che viviamo. Ciò premesso, forse si parte con la convinzione che una società calcistica porterà unicamente debiti. Non è vero. Con intelligenza, gli uomini giusti e la cura dei dettagli, i conti possono tornare».
Dopodiché sembra ufficiale che a Milano i cummenda sono spariti.
«Se le rispondessi che il mondo è cambiato ed è cambiato il calcio, sarebbe una risposta banale. Se le dicessi che girando per la città mi fermo ad ammirare le vecchie case di ringhiera anziché i grattacieli, mi darebbe del nostalgico».
Prendiamo il tema da un altro versante: quand’era presidente quante volte andava agli allenamenti?
«Spesso. Spessissimo».
Ecco. Thohir viaggia per i continenti. I cinesi, forse, faranno lo stesso. Non commenti che è la globalizzazione e dobbiamo farcela andare bene lo stesso
«Lei pensa che provo gioia nel vedere una formazione interamente composta da stranieri? No. Ma se i giocatori sono forti, posso anche passarci sopra. Spero questo, dai cinesi: che stupiscano subito con l’acquisto di un campione. Ho avuto Matthäus, fra i molti. Un leader nato. E da imprenditore, i leader li riconosco».
In che senso?
«Era il vero capo. Alle parole faceva seguire l’esempio, con la qualità in campo. Se non hai i piedi, puoi parlare quanto vuoi tanto gli altri non ti seguono».
Cavaliere, è un messaggio per i nuovi proprietari?
«Legga questa lettera. È appena arrivata. Un tifoso mi ha scritto implorandomi di tornare presidente».
Cosa gli risponderà?
«Non mi metta in imbarazzo… Risponderò d’avere fiducia nei cinesi. Non sono nati interisti ma lo diventeranno».
Crede davvero in quello che ha appena detto?
«Io credevo tantissimo nell’azionariato popolare: i tifosi proprietari della società. Bellissimo progetto. Mai decollato, per svariate cause, a volte incomprensibili».
L’Inter agli interisti…
«Aspettiamo. Magari i nuovi padroni ci regalano Messi e tutto cambia… Crediamoci».