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Pellegrini: 'A 16 anni ho rischiato di smettere. Roma punto di arrivo, Mourinho sulla strada giusta'
Lorenzo Pellegrini si è confessato a 360° ai microfoni di The Players Tribune. Tante riflessioni sulla sua carriera, sulla figura di Francesco Totti e sull’impatto di José Mourinho sulle dinamiche del club giallorosso. "In questo momento stiamo lavorando parecchio per creare una mentalità vincente. Mourinho ci dice sempre che deve essere una delle nostre maggiori qualità. Questo cambiamento non può accadere in un minuto, ma sono sicuro che siamo sulla strada giusta. Ogni giorno dico ai miei compagni cosa significa giocare per questa maglia. Questo non è un trampolino per andare in una squadra più grande perché non esiste una squadra più grande. Questo è un punto d'arrivo. Roma è... Roma", ha detto il capitano romanista.
Su Totti: "Era il classico capitano che non aveva bisogno di parlare più di tanto, perché era il modo in cui giocava a parlare per lui. Non potrò mai paragonarmi a lui, ma mi piacerebbe provare a ripetere qualcosa di simile".
Pellegrini ha poi svelato un retroscena che avrebbe potuto condizionare in passato il suo percorso: "Quando avevo 16 anni hanno scoperto che nel mio cuore c'era qualcosa che non andava: troppi battiti irregolari. Mi dissero che avrei dovuto smettere di giocare dai sei agli otto mesi e che dopo avremmo valutato. Quindi niente Roma. Quel momento è stato davvero complicato. Non potevo fare niente, tranne una cosa: ascoltare il mio cuore. Ogni sera cercavo di capire la frequenza dei miei battiti irregolari. Sono diventato dottore di me stesso. D'un tratto mi sono accorto che erano spariti. Quindi al quarto giorno senza aritmia ho chiamato i miei. Volevo fare un altro controllo. Siamo andati dai dottori e hanno detto: 'Stai bene'.
Su Totti: "Era il classico capitano che non aveva bisogno di parlare più di tanto, perché era il modo in cui giocava a parlare per lui. Non potrò mai paragonarmi a lui, ma mi piacerebbe provare a ripetere qualcosa di simile".
Pellegrini ha poi svelato un retroscena che avrebbe potuto condizionare in passato il suo percorso: "Quando avevo 16 anni hanno scoperto che nel mio cuore c'era qualcosa che non andava: troppi battiti irregolari. Mi dissero che avrei dovuto smettere di giocare dai sei agli otto mesi e che dopo avremmo valutato. Quindi niente Roma. Quel momento è stato davvero complicato. Non potevo fare niente, tranne una cosa: ascoltare il mio cuore. Ogni sera cercavo di capire la frequenza dei miei battiti irregolari. Sono diventato dottore di me stesso. D'un tratto mi sono accorto che erano spariti. Quindi al quarto giorno senza aritmia ho chiamato i miei. Volevo fare un altro controllo. Siamo andati dai dottori e hanno detto: 'Stai bene'.