Pato:| 'Siamo tutti fratelli'
Ibrahimovic gli urla contro, poi si inchina alle sue magie: "Non ho dato la palla a Zlatan? Boateng era in posizione migliore".
Gol e abbracci, Pato scaccia i dubbi: "In squadra siamo tutti fratelli".
Tanto bravo da reggere anche l'inquietudine di Ibrahimovic. Alexandre Pato, ex panchinaro di questo Milan saldo in testa alla classifica. Adesso quel primato è anche un po' suo, il talento che sembrava un problema è di nuovo l'uomo in più.
Il brasiliano riparte titolare dopo i gossip sulla vita privata, le presunta fidanzata famosa e la redenzione. Era già tornato, ma un gol con il Chievo non basta per sentirsi padrone di una maglia, per riavere il pubblico dalla sua serve una partita come quella con il Napoli. Era dentro l'azione che ha portato al rigore, ha segnato, ha regalato a Boateng una palla magica e ha retto la pressione. Soprattutto ha costretto Ibrahimovic a esultare per lui.
Ibra, nervoso e potente, in eterna lotta con i compagni di reparto, sempre insoddisfatto perché sempre alla caccia del pallone perfetto da sfruttare o piazzare. Gira bene da subito, si smarca, propone ma manca sempre qualcosa perché la sua invenzione si trasformi in risultato e proprio quando gli urli a Pato diventano irritati e le smorfie stizzite raggiungono il livello di guardia, l'arbitro lo libera dalla sua ansia. Il primo sorriso arriva quando Rocchi indica il dischetto, quando gli altri gli fanno spazio, quando ormai Cavani è un'ombra e De Sanctis ha speso tutti i miracoli. Si occupa del rigore come fosse una pratica, freddezza assoluta: sembra abbia la certezza di buttarla dentro e sta già a braccia aperte prima che la pallaarrivi a destinazione. Neanche uno sguardo a Pato.
Ibra non si placa, anzi. Gesticola contro la punta che sta dall'altra parte. Segnala di continuo zone di campo dove Pato non si mette, dove Pato non lo vede e a un certo punto il Papero si libera. Difficile capire se davvero inventa per Boateng un tiro imparabile o se lo serve per evitare di cedere la palla allo svedese che mentre corre si indica i piedi, in uno di quei gesti di coordinazione che riescono solo a lui. Urla, vuole essere servito, allunga le mani come se fosse evidente che Pato sta sbagliando mira e poi si blocca. Cede. Corre a festeggiare Boateng. Pato è lontano, soddisfatto e finalmente è certo di aver fatto la differenza: «Ovvio che ho visto Ibra, ma c'era Boateng e mi sembrava più spiazzante metterla lì».
Nemmeno il suo stesso gol lo rende felice quanto quell'assist anarchico e geniale. Era ovvio darla a Ibra, lui ha scelto l'indirizzo più complicato, l'unico che aveva il sapore della rivincita: «Mi fa piacere giocare in una squadra di grandi campioni, squadra di fratelli. Io voglio sempre giocare, le scelte del mister sono per il bene della squadra io penso al mio lavoro. Ho fatto anche allenamenti extra. Voglio puntare e tirare. Voglio esserci». Si gode ogni abbraccio, ogni complimento che gli arriva a fine gara, quando ciondola a centrocampo in cerca di affermazione. I compagni lo gratificano, le tv lo tirano davanti alla telecamera e Pato si scompiglia i ricci e ripete parole ovvie, leggere: «L'azione del rigore? Non ci avesse messo il braccio avrei segnato». Niente può turbarlo.
Nella notte in cui si riprende il Milan non ha neanche bisogno di levarsi la maglia e di correre a torso nudo. La rete contro il Chievo era una conferma personale, il punto da cui ripartire, ma contro il Napoli non si è trattato di un semplice gol. Ha dimostrato quanto vale agli altri e ci è riuscito proprio perché ne era sicuro lui per primo. «Abbiamo fatto un grande passo» e la frase vale anche al singolare. Ultimo pollice alzato verso la tribuna, poi si infila nel tunnel di corsa. Probabile abbia voglia di rivedere il gol, quello di Boateng.