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Pastorin: Gabriel Jesus uno da Serie A
Nel 1942, con l'entrata in guerra al fianco degli Stati Uniti, il governo brasiliano decise di cambiare tutti i nomi italiani e tedeschi, e così la Palestra si trasformò in Palmeiras, continuando, comunque, a vincere e a dare spettacolo. Andavo allo stadio con mio padre e idolo di quel Verdão era un certo "Mazola", ovvero José Altafini, oggi tra i miei migliori e più cari amici.
Domenica ho avuto il piacere di commentare in diretta su Gazzetta Tv, diretta dal bravissimo Claudio Arrigoni, il derby paulista per antonomasia: Palmeiras-Corinthians, telecronaca di Franco Dassisti e funambolismi vari, variegati e assortiti di Altafini. Il match, emozionante e combattuto, si è concluso 3-3.
E, ancora una volta, Gabriel Jesus, già sul taccuino della Juventus, ha dimostrato appieno il suo talento: diciotto anni e tutti i "numeri", credetemi, per diventare il nuovo Neymar. Punta o mezza punta, ama giostrare sulla sinistra: salta gli avversari con facilità, colpi di tacco, palleggi volanti, finte alla Garrincha, e ha coraggio da vendere. Altafini non perdeva occasione per sottolineare, con enfasi, le sue giocate. Cresciuto nel Palmeiras, è diventato, dopo poche partite, l'idolo della torcida, relegando in secondo piano attaccanti d'esperienza come Alecsandro e Cristaldo.
Da palmeirense di fede e di cuore, mi piacerebbe vedere Gabriel Jesus a vita con la maglia verde. Ma così non sarà. Il giovane apprendista campione è destinato all'Europa e il nostro campionato farebbe bene a non lasciarsi scappare un giocatore così, uno destinato a compiere una luminosa carriera. Poi, mi fido ciecamente di "Mazola": lui sa riconoscere i giocatori quelli "veri", non le stelle vane di qualche partita.
Complimenti tra l'altro ai colleghi di Gazzetta Tv: per la professionalità e per le scelte editoriali. Per questo campionato brasiliano veramente appassionante e ricco di sorprese.
Darwin Pastorin