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    Pastorin: Florenzi, l'allegria del calcio

    Pastorin: Florenzi, l'allegria del calcio

    Grazie, Alessandro Florenzi. Grazie per quel gol al Barcellona che spalanca al calcio i cancelli della fantasia, toglie la ruggine, la prevedibilità, la noia.

    Grazie per quel pallonetto da cinquanta metri, così perfetto, così limpido in una notte romana rinnovata, con Ter Stegen a chiedersi "perché?", sorpreso come un bambino al primo lampo di un vicino temporale.

    Grazie per averci restituito la fantasia, la bellezza, lo stupore. Così vedevo segnare Diego Armando Maradona, il Borges della pelota: il colpo di genio, quell'attimo cruciale e fatale che cambia il senso di una partita, che trasforma il gesto in epica, in memoria collettiva, in un'immagine da vedere e rivedere per spiegare ai giovani quale è la magia del football, la sua essenza e la sua epifania. Non potevi scegliere, Alessandro Florenzi, cuore di nonna e di Roma, sfida migliore: contro il Barcellona dei marziani, giocatori che sembrano usciti dalla penna di Isaac Isamov, di fronte a Lionel Messi.


    Ecco: per una volta, il fuoriclasse argentino è stato messo ai margini, malgrado una traversa e qualche guizzo d'autore: la scena è stata tutta tua, hai assunto il ruolo del protagonista principale, con Suarez e Neymar a fare da timide comparse.

    E certi gol non nascono dal caso, non sono soltanto una benedizione del fato: sono il segno indelebile di una classe, di un istinto. Paolo Rossi, il Pablito mundial, era il fenomeno dell'area piccola, dei pertugi, dei centimetri; tu sei il poeta degli spazi larghi, degli orizzonti aperti, di una traiettoria che attraversa lo spazio e il tempo; nella sua parabola racconta la meraviglia di uno sport che, a volte, grazie a giocatori come te, riesce a recuperare la sua essenza, a far rivivere i miti e i fasti di un'epoca remota e felice.

    Non è vero che tutto è perduto, dunque. Che il calcio moderno ha ucciso il dribbling, l'improvvisazione, la finta ficcante e sbilenca e la rete che non ti aspetti, con una pennellata da cinquanta metri. La testa alta, il portiere fuori dai pali e zac! Il destro accarezzato, preciso.

    Francesco Totti è stato il primo ad applaudirti, lui che ci ha abituati a qualsiasi capolavoro. Quasi un passaggio di consegne. E felice è Antonio Conte per la sua nazionale. E in festa siamo noi, perché continuiamo a seguire, con una fiducia mai doma, questo benedetto pallone che ci accompagna dall'infanzia.

    Vai, Alessandro: attendiamo altre perle, il presente e il futuro ti appartengono.
     


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