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Pastore è solo un'operazione mediatica, ora dimostri di non essere 'mollo'
Già in estate, nella Capitale, molti avevano fortemente dubitato della bontà di un simile acquisto, in particolare tutti coloro che si sentivano orfani di Nainggolan e che vedevano in Pastore solo il classico nome di grido dato in pasto alla folla per placare i malumori e la delusione per la partenza di un simile pilastro. L'argentino inoltre sin da subito aveva fatto storcere il naso a più di qualcuno, soprattutto per via di una certa incompatibilità tattica, evidente già dal punto di vista teorico con quelli che sono i dogmi del gioco di Di Francesco, un gioco basato molto sulla dinamicità e sulla ricerca continua di una profondità verticale e improvvisa, un tipo di gioco che in effetti sin da subito sembrava abbastanza ostico per quelle che sono invece le caratteristiche tecniche e fisiche del talentuoso trequartista argentino. Molti romanisti quindi si sentono presi in giro da Monchi e da Pallotta, perché hanno intuito immediatamente che si trattava della classica operazione mediatica utile solo a consolare una piazza che ormai non crede più nel progetto.
Pastore da questo punto di vista a molti è sembrato come l'ennesimo Coup de Theatre, tipico di chi cambia tutto per non cambiare niente, che nello specifico si traduce nel non effettuare mai quel salto di qualità che tante volte nelle ultime stagioni avrebbe potuto fare la società giallorossa. In un simile contesto Pastore appare quindi costretto ad interpretare un ruolo che non sembra assolutamente adatto alle sue corde. Solo che questo ruolo, partita dopo partita, sembra assomigliare sempre di più a quello di una vittima che Di Francesco non esiterebbe a sacrificare sull'altare di una protesta nei confronti di una campagna acquisti che non ha mai sentito sua, semplicemente perché non poteva esserlo.
A questo punto la speranza è che questo grosso equivoco non si traduca in qualcosa di ben peggiore, e sarebbe quindi necessario un cambio di marcia proprio da parte di Pastore, un cambio di marcia che gli consenta di acquisire quella grinta per fare quel salto di qualità e diventare una stella di prima grandezza...ma questo è possibile attenderselo da un giocatore che nel giorno della sua presentazione in giallorosso esordì dicendo che a Parigi aveva mollato e che negli ultimi due anni non se la poteva prendere più di tanto con se stesso perché non poteva competere con gli assi che il PSG aveva comprato? A volte la sensazione che se ne ricava è che, se Pastore non ha fatto la carriera che in molti credevano potesse fare, il motivo è che il primo a non crederci sia stato proprio lui. Sembra quindi difficile pensare che adesso di punto in bianco, a 29 anni riesca a imprimere quell'accelerazione che è sempre mancata nella sua carriera, ma chissà, forse Pastore appartiene a quell'affascinante e terribile categoria di uomini, che una volta arrivati sulla soglia dell'abisso, sorprendono tutti e in primis se stessi, trovando un finale diverso e migliore rispetto a quello che fino a quel momento appariva cosi ineluttabile.
@Dragomironero