Paratici, lettera alla sua Piacenza: 'Non molliamo e restiamo a casa. Quando sarà finita, saremo persone migliori'
Fabio Paratici, responsabile dell'area tecnica della Juventus e originario della zona di Piacenza (una di quelle colpite per prima dalla diffusione del coronavirus), ha scritto una lettera indirizzata ai suoi concittadini in questo momento di grande difficoltà: "Cari piacentini, forza. Stiamo uniti e rispettiamo il più possibile le regole e le indicazioni che ci vengono date: restiamo a casa. Piacenza soffre, tante persone stanno piangendo i loro cari, si straziano per non averli potuti salutare, e vivono nell’agitazione e nella paura. La nostra città è tra le più colpite da questo virus maledetto, ma noi piacentini non molliamo, ci stringiamo assieme e lottiamo. Non abito più a Piacenza da molti anni - sono quasi venticinque, tantissimi - ma la considero la mia casa: lo so da sempre, questi giorni di isolamento lontano da lì me lo sta confermando. Sono innamorato della nostra terra, della nostra gente, delle nostre valli, delle nostre storie, dei nostri cibi e vini, e quando mi capita di incontrare qualche piacentino in giro per il mondo o di ascoltare qualcosa che riguarda Piacenza ho ogni volta una sensazione precisa, profonda, speciale: è solidarietà, è empatia, è consuetudine, è casa. Ecco perché oggi mi sento di dirvi: resistiamo". La lettera prosegue: "Quando tutto questo sarà passato - perché passerà - ci sentiremo più forti e sono certo che riscopriremo la bellezza di un caffè con un amico, di una passeggiata (anche senza il cane), di un po’ di sport, persino di portare i nostri figli a scuola (e secondo me anche loro di andarci). Oggi però stiamo uniti e, ve lo chiedo per favore, dalla meravigliosa Val Trebbia ,agli stupendi paesi dell’alta Valnure ,alla val d’arda sino alla mia amata Val Tidone: restate a casa! In fondo siamo una generazione fortunata. È la prima volta che ci viene chiesto uno sforzo così per il bene collettivo, è la prima guerra contro un nemico comune (e invisibile)che dobbiamo combattere. Ai nostri nonni è andata molto peggio, hanno combattuto una o due guerre dalle trincee o essendo deportati, noi possiamo - dobbiamo - combattere stando seduti sul nostro divano. Non voglio farla facile, ma sono convinto che non dobbiamo lamentarci troppo e che quando tutto passerà saremo persone migliori".