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    Papu Gomez, da Simeone all'odio dei tifosi fino alla guerra. E l'Inter vicina...

    Papu Gomez, da Simeone all'odio dei tifosi fino alla guerra. E l'Inter vicina...

    • Fabrizio Romano
    Piange in campo, il Papu Gomez. "Non credo ai miei occhi...", è il 2009, ha 21 anni e una colpa imperdonabile se giochi nel San Lorenzo: è tifoso dell'Independiente. La gente del Ciclon non glielo perdona, lo massacra in campo, in una partita sentitissima Gomez viene espulso e l'intera tifoseria esplode... applaudendo l'arbitro. Proprio così. Alejandro stenta a crederci, un aneddoto che segna la sua carriera. Quasi impossibile immaginarlo oggi: lui, il Papu, diventato tra i giocatori più amati e apprezzati della Serie A per colpi, qualità, anche simpatia. Un protagonista assoluto, stella di un'Atalanta da sogno.

    Eppure, la sua storia è fatta anche di questi episodi. Ma quel periodo al San Lorenzo non lo rimpiange, nonostante tutto. Perché lì conosce Diego Pablo Simeone, il Cholo, l'allenatore della sua vita. Miglioramenti mostruosi sotto l'aspetto tattico e l'incrocio del destino al Catania, dove il Papu diventa grande. Ritrova Simeone e decolla, un'altra stagione da protagonista. Con tanto di retroscena: più di un anno fa, il Cholo ha provato a portarlo con sé all'Atletico Madrid. Senza successo.

    Gli intrighi di mercato attorno a Gomez non sono mai mancati. Maggio 2013, accordo totale con l'Inter che è a un passo dal prenderlo. La scelta è firmata Andrea Stramaccioni, suo enorme estimatore, con tanto di incontro a casa per studiare le idee tattiche. Operazione chiusa. Ma a sorpresa la scelta del club è di cambiare in panchina, arriva Mazzarri e sarà 3-5-2, arrivederci Papu. Tutto sfumato. Un altro allenatore col pallino del Papu è Vincenzo Montella: anche lui se lo è goduto in quel Catania dei miracoli costruito da Pietro Lo Monaco, lo voleva alla Fiorentina e ci è andato molto vicino, tra giugno e gennaio ha chiesto al Milan di fare un sacrificio per lui.

    L'Atalanta ha tenuto duro, volontà precisa del presidente Percassi assecondata dal Papu, grato al club che lo ha rilanciato a livelli importantissimi ma soprattutto liberato dall'esperienza più complessa della sua vita al Metalist, in Ucraina. Accetta un'offerta economica impressionante, poi in estate vuole già fuggire. Colpa della guerra, il conflitto scoppiato in territorio ucraino con moglie e figli lo spaventa: “Qui vedo gente girare con la mitraglietta in mano. Nel mio Paese non succede e non posso mettere a rischio la vita della mia famiglia”. Settimane di terrore puro, barricato in casa.

    E poi l'Atalanta, appunto. La rinascita e l'esplosione, il Papu all'improvviso, gol e assist senza sosta. Oggi, una vera e propria star con la palla al piede come sui social. Il passato è lontano ma Gomez non lo dimentica: che peccato, quel Mondiale Under20 vinto con l'Argentina accanto a Banega che adesso gli costa l'impossibilità ad essere convocato con la Nazionale italiana. Ma guarda avanti, il Papu. Che poi, perché quel soprannome? Nasce tutto dalla mamma: da piccolo, chiama Alejandro con il dolce appellativo Papuchi, rimasto come Papu negli anni anche tra amici e familiari. Il marchio di fabbrica di un talento che non ha rimpianti, con la 10 sulle spalle del suo idolo Del Piero e dell'amico Bonaventura. Oggi diverte e si diverte, in campo e fuori. Papu Gomez al centro del mondo. Altro che lacrime in campo.

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