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    Palermomania: siamo allo psicodramma

    Palermomania: siamo allo psicodramma

    Della partita con il Fenerbahce non restano bei ricordi. Squadra che scala male, un dai e vai al limite dell'area che apre come burro la difesa, idee fumose davanti partorite poco con la testa e molto con la pancia. E non staremmo troppo a ricamare sulla superiorità dei campioni di Turchia: al 'Barbera', spesso e volentieri, Alex e compagni hanno trotterellato, quando in realtà sono abituati a giocare a ritmi altissimi. L'assioma secondo il quale il tifoso a fine gara non deve lamentarsi è un'assurdità: fischiare è una forma civile di protesta a cui il pubblico ha diritto perché paga per assistere a uno spettacolo. Zamparini se ne faccia una ragione e non speculi: la gente fischia perché è fin troppo interessata. Anzi, innamorata. Il patron, in questi giorni, ha recitato uno psicodramma solo perché la scure della critica lo ha colpito. Non decapitato, questo sia sempre chiaro. Ma la critica non è mica cieca e sorda: gli occhi vedono, le orecchie sentono e di conseguenza la bocca parla e le mani scrivono.

    Quella secondo cui i giornalisti dovrebbero spalleggiare sempre e comunque è una favoletta da stigmatizzare. Argomentiamo, cerchiamo una sorta di esegesi di quei fischi. La gente è stanca. Di un'incoerenza dialettica di fondo, della lingua come una spada che trafigge Rossi a ogni piè sospinto, del taglio e cucito con cui viene raffazzonata ogni anno la squadra, della commedia della difesa a tre subito mandata in soffitta da Pioli, a cui peraltro sta mancando personalità. Sembra che i senatori non siano esattamente rimasti fulminati da lui, specie dopo il magistero-Rossi. Zamparini afferma a petto in fuori che la campagna di rafforzamento (presunto) ha il peso di 40 milioni. Sempre che sia realmente così, alcuni acquisti saranno buoni solo per il pallottoliere. Era meglio comprare meno e meglio. A questo Palermo, oltre al portiere, manca un regista: con l'addio di Bovo, Liverani e Pastore, ci vuole qualcuno che faccia nascere il gioco. Perché i frombolieri lì davanti, altrimenti, resteranno sempre con le polveri bagnate. Di fondo, poi, la personalità è ridotta al lumicino: in organico non ci sono leader, fatta eccezione per Miccoli e Pinilla, che per un motivo o per un altro non potranno sempre trascinare i compagni.

    Passare alle minacce ('ricordatevi di Venezia') ci sembra francamente ridicolo. Zamparini dovrebbe avere l'umiltà di fare una sana autocritica: le scelte più importanti le prende lui, e se la piazza non è contenta e alcuni tifosi addirittura gli hanno voltato le spalle, il buon Maurizio dovrebbe porsi delle domande. C'è una vendemmiata di problemi, ma Zamparini ha già trovato la panacea: cacciare i collaboratori e perfino gli addetti stampa! Come se fossero stati loro a mettere su questa scenografia felliniana. In questo momento di crisi, soprattutto di sentimenti, ci vorrebbero dei monsoni portatori di camomilla, specie per Zamparini: le parole dei tifosi possono anche risultare dei fulmini sull'oceano, ma quelle del presidente rischiano di diventare granate sul cuore della città. La passione dei palermitani, finora, è stata immarcescibile, ma Zamparini stia attento: il disamore è dietro l'angolo. E quello sarebbe il male peggiore, che farebbe davvero puzzare di pesce la sua avventura a Palermo.

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