Palermomania:| Meglio la scossa dell'inerzia
Le parole di Zamparini, fino a pochi giorni fa silenziosamente difensivo su Pioli, hanno stappato il Palermo, addormentato sotto vuoto spinto. Il presidente ha dischiuso il vaso di Pandora, facendo scoppiettare tutta la sua preoccupazione per il nuovo, fin qui deludente corso. È sempre brutto il momento nel quale si tirano le somme e si distribuiscono le colpe. Partendo dal credo tattico: logica suggerisce che non siano entrambe farina del sacco di Pioli le idee della difesa a tre prima e dell'abiura - a quattro - dopo. Magari una delle due è stato un compromesso. Con il presidente stesso o con la squadra, che dei tre lì dietro proprio non vuole saperne. La condizione atletica sembra quella di un gruppo già a fine stagione, e non all'inizio: l'addebito è per chi i giocatori li allena. E non è ammissibile vedere il Palermo boccheggiare e farsi doppiare dal Napoli, che in ritiro c'è andato dopo.
Nessun addetto ai lavori, in questo momento, invidierebbe Pioli, che medita sul braccio della morte (sportiva e solo momentanea, s'intende). L'ex Chievo non è un allenatore scarso, ma il suo bilancio con la fortuna è qualcosa di cervellotico: fortunato ad avere l'occasione-Palermo, sfortunato ad averla ora. Quando sarebbe impossibile anche per santoni della panchina, forse, rimettere a posto le cose. La società ha rivoltato l'organico come un calzino, ha tolto certezze affidandosi a scelte aleatorie e la piazza è in ebollizione. Zamparini, con colpevole ritardo, ha capito che bisognava dare una sterzata. Solo negli ultimi giorni di mercato ha rinforzato il centrocampo prendendo giocatori più affidabili delle scommesse. Magari se avesse fornito prima a Pioli qualche manicaretto in più, la ricetta, adesso, non sarebbe così indigesta.
Nonostante tutto, Pioli ha sempre mantenuto un basso profilo, lontano anni luce dalla filippica di Benitez contro Moratti e il mercato al risparmio dell'Inter di qualche mese addietro. L'allenatore rosanero ha cercato di fare le nozze coi fichi secchi ritrovandosi alla sbarra ancora prima di cominciare il campionato. Un Colantuono-bis, ricordando quando il tecnico oggi all'Atalanta, nel 2008, venne cacciato dopo il ko d'esordio a Udine, coda di un precampionato sui carboni ardenti. Adesso è inutile piangere sul latte versato, nonostante tutta la stima - professionale e umana - che merita un uomo come Pioli. Paradossalmente è meglio tagliare subito la testa al toro quando un allenatore, tanto bravo quanto sfortunato, vive come i soldati di Ungaretti, 'come d'autunno sugli alberi le foglie': a un minimo soffio di vento sarebbe volato via. A questo punto, meglio non decollare nemmeno.