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    Palermomania:| Il castello di carte

    Palermomania:| Il castello di carte

    I titolari del Palermo, tutti e undici in formissima, giocano di quelle gare da lustrarsi gli occhi. Quelle per cui il tifoso di una provinciale è felice di non avere a cuore una big. Una forma perfetta, una sostanza ancora migliore quando l'ingranaggio è al completo. La bella perfezione di un castello di carta, che crolla su se stesso quando di carte ne sfili anche solo una. Questo è il Palermo. Questa è la genesi della sovrapproduzione di bile di Zamparini, che al fischio finale delle partite - perse e non solo - è un arco voltaico che fulmina Rossi. Il presidente è un grande intenditore di calcio e nessuno può metterlo in dubbio. Il problema è che pretende di avere sempre ragione.

    Si arrabbia perché il Palermo prende troppi gol, e non ha torto quando dice, sbagliando i modi, che 'Rossi deve migliorare la fase difensiva'. Sirigu, Cassani, Bovo e Balzaretti sono degli ottimi giocatori. Munoz è un (ottimo) prospetto che al momento non vale assolutamente Kjaer, né per padronanza tecnica né per personalità. Con la difesa titolare, è vero che Rossi avrebbe potuto fare qualcosa in più, ma non gli si può rimproverare l'ineluttabile quando è costretto a utilizzare seconde linee palesemente inadeguate. Esempi: Munoz non ha il passo per fare il terzino, sull'esterno lascia che crescano rose e margherite. Andelkovic, almeno finora, non si è dimostrato all'altezza della serie A mentre Darmian e Garcia abbassano il livello qualitativo di una retroguardia composta per quattro quinti da nazionali.

    I 35 gol al passivo sono uno tsunami. Ma le 44 reti segnate, al pari di Milan e Inter, sono una medaglia al valore di una squadra per caratteristiche intrinseche portata ad attaccare con un filo di incoscienza. È la storia della coperta troppo corta. Zamparini non può sperare di avere un Palermo forte davanti e impermeabile dietro: primo, perché altrimenti il Palermo sarebbe il Barcellona; secondo, perché dietro ai titolari c'è una voragine di mediocrità e di biberon, considerata l'età media dei rincalzi. E allora che fare? Usare la mano non per gli schiaffi, ma per degli affettuosi buffetti. Se oggi Bacinovic, Pastore, Ilicic ed Hernandez sono dei gran bei giocatori, di sicuro non è per merito degli archi voltaici, ma (anche) della sapienza di quell'uomo con le spalle larghe in panchina.

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