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    Palermomania:| È tempo di rivoluzione

    Palermomania:| È tempo di rivoluzione

    A Palermo è arrivato uno di quei momenti in cui il tempo segna un punto. Con il promesso sposo viola Bovo - e anche Sirigu, se vogliamo - Zamparini ha cominciato a disossare lo zoccolo duro della squadra, quello che fin qui aveva sempre sopravvissuto al necessario dio delle cessioni. Se a partire, di volta in volta, erano i Kjaer, i Cavani o i Pastore, lo spiacevole addio rientrava nel computo della sopravvivenza; ma se a voltare le spalle sono i senatori, allora bisogna andare alla radice del problema, senza stare a guardare il dito anziché la luna. Piaccia o non piaccia, occorre rendersi conto che un ciclo ha fatto storia. Nel senso che è finito.

    I più esperti - dove 'esperti', in questo caso, sta anche per 'furbi' - hanno capito che a Palermo non si può oltrepassare una certa soglia. Le colonne d'Ercole, per la 'Zampariniland', sono la zona Europa League con affascinante vista sulla Champions. Tutti realizzano l'idea che con qualche sforzo in più, e soprattutto senza l'assillo del cambiamento anche quando le cose vanno bene, la squadra rosanero avrebbe potuto ergersi qualche spanna più in alto. Invece non ci si muove. E così Bovo, che scalciava silenziosamente da tempo, ha fatto le valigie. Già l'anno scorso guardava trasognante i bagagli, prima che lo spigoloso impatto con la realtà gli riportasse i piedi per terra alle pendici di Monte Pellegrino.

    Chissà se un altro (o più di uno) tra Nocerino, Bacinovic, Pinilla o Hernandez seguirà l'esempio del centrale romano. Quel che è certo è che a Palermo è in atto una rivoluzione. Voluta dai giocatori, stanchi dell'immanenza, e soprattutto dal presidente, che con questo modus operandi prima o poi è costretto a rattoppare le falle della sua zattera veleggiante verso i lidi più suggestivi senza che si riesca mai a toccare terra. Magari maturano il proposito di cambiare anche Cassani, Balzaretti e Migliaccio. Perché a Palermo, dopo un po', evidentemente gli stimoli si inceneriscono.

    È inutile nascondere la testa sotto la sabbia. Lo stato maggiore della società, giustamente, ha preso coscienza dell'ineluttabile e sta cambiando di peso l'organico. È il momento di scelte anche impopolari, di quelle che cassano gli abbonamenti e fagocitano il malcontento, ma i dirigenti devono prendere il toro per le corna. L'importante è non sbagliare le scelte decisive. Al posto giusto ci vanno gli uomini giusti: se parte una certezza, ci vuole una certezza. Non una scommessa. Perché altrimenti quel punto segnato sullo spazio sarà solo un buco nero. O un buco nell'acqua, tanto la sostanza è uguale.

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