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Palermo in B: la rivincita di Silvio Baldini, l'anticonformista che insegna la vita prima del calcio
ALTI E BASSI - Anarchico, come lui stesso si è definito, schietto, con la risposta sempre pronta, e spesso sibillina, a 63 anni è tornato a prendersi nuove soddisfazioni dopo che il treno del grande calcio sembrava averlo perso definitivamente. Dopo una lunga pausa di sei anni dai campi, Baldini era tornato ad allenare a casa sua, alla Carrarese, e l’aveva fatto per il solo piacere di farlo, gratis. Di lui si è sempre parlato bene, come di un mister originale e preparato tatticamente, le sue idee erano innovative e funzionavano, la sua era una carriera in rampa di lancio. E i risultati arrivavano: la promozione in A con l’Empoli, la salvezza, poi però il baratro. Tante scelte sbagliate, tanti esoneri (uno proprio a Palermo con Zamparini) e la necessità, più degli altri che sua in realtà, di relegarlo al calcio di provincia, a quello lontano dai grandi riflettori, dalle grandi spese.
LA DEDICA - Impegnato politicamente, amato dai suoi calciatori che in lui vedono un secondo padre, più volte ha detto: “Io non insegno calcio, insegno vita”, anche se per il pallone ha rischiato di rimetterci la salute. Questa è stata la stagione del suo riscatto, una sorta di rinascita che sapeva sarebbe prima o poi arrivata. Al termine del match con il Padova, si è lasciato andare ai microfoni: “Sapevo che sarebbe accaduto, ma io non conto niente, sono una goccia dell’oceano. Ho avuto fede, il calcio deve essere un veicolo d’amore. Stasera i miei giocatori quando torneranno a casa e abbracceranno la moglie saranno uomini migliori. E lo farò anch’io: darò un abbraccio di 10 minuti a mia moglie. Non mi ha mai fatto sentire solo, c’è sempre stata, il merito di questa impresa è soprattutto suo, mi ha fatto diventare una persona capace di ragionare in un certo modo”.