Palermo, Cosmi:| Il ritratto di un duro
Una cosa si può dire con certezza di Serse Cosmi: che è un tipo temprato. Non saranno certo il rapporto con Maurizio Zamparini, e la prospettiva d'essere il 34esimo allenatore a venire assunto e poi esonerato, a intimorirlo. Lui è stato capace di sopravvivere accanto a Luciano Gaucci, che in materia se la potrebbe battere con chiunque. Certo, non gli andò altrettanto bene la stagione scorsa con Spinelli a Livorno, dove venne ingaggiato a campionato in corso e poi licenziato prima della conclusione. Gli toccò persino sentirsi giudicare come 'il peggiore allenatore che abbia mai avuto' da Fabio Galante. E per buona educazione Cosmi non ribatté che lo stesso Galante era forse il peggiore stopper da lui allenato in carriera. Non aveva senso, così come non ne avrebbe avuto dire che per salvare quel Livorno dalla retrocessione sarebbe stato necessario esplodesse una nuova Calciopoli, nella quale fossero coinvolte tutte le altre 19 società del campionato. Meglio tenersele per sé certe cose.
Sicché, fra i presidenti cosiddetti 'vulcanici', gli manca solo Lotito. Ma in questo caso il rapporto sarebbe impossibile, perché Serse Cosmi non potrebbe mai diventare tecnico della Lazio. Lui è giallorosso dichiarato, e una delle immagini che meglio ne descrivono la storia calcistica riguarda quel pomeriggio di novembre 2003; allorché, nel finale di un Lazio-Perugia da corrida (3-1, con 5 espulsi), venne cacciato dal campo dall'arbitro Bolognino e scendendo di corsa le scale degli spogliatoi si rivolse verso la tribuna Monte Mario urlando: 'Forza Roma!'. Manco a farlo apposta, domenica ricomincia proprio da lì. Stadio Olimpico, gara in notturna contro la Lazio. Incroci pericolosi, ma forse anche il miglior modo per ripartire. Una bella terapia d'urto, su un campo ostile che invece ben altra accoglienza avrebbe riservato all'ex biancoceleste Delio Rossi. Che per sopramercato è rimpianto pure a Palermo, nonostante il crollo dell'ultimo mese e le sette pappine a domicilio di domenica scorsa contro l'Udinese.
Il calcio sa essere ben strano, e Serse questo lo sa. Parecchio strana è stata anche la sua carriera, del resto. Pareva consacrata a un'ascesa continua e poi invece ha avuto un inspiegabile arresto. Grandi exploit alla guida di un Perugia costruito con giocatori di serie B e C (fra gli altri, Liverani e Grosso), mentre intorno i gufi pronosticavano un rapido fiasco di carriera per quell'allenatore ruspante dal parlare franco e dall'inseparabile cappellino. E poi un piazzamento in Champions League conquistato a Udine. Ma ci sono stati anche i duri rovesci. Il più bruciante è stato, prima dell'avventura a Udine, la promozione in A sulla panchina del Genoa annullata a tavolino per illecito sportivo nel 2004 (in pochi giorni la squadra rossoblù si ritrovò dalla massima serie alla C). E poi la mancata promozione a Brescia nel 2007-08, con esonero nelle prime giornate della stagione successiva.
Di Livorno s'è già detto, e la sgradevole impressione dopo l'esperienza in Toscana è stata quella di un uomo sul quale il passaggio negativo a Brescia ha lasciato un segno. Saprà risorgere, e tornare a essere personaggio, l'uomo cui alla nascita fu dato il nome del fratello di Fausto Coppi? Tornerà a alimentare, di se stesso, la mitografia che lo circondò grazie a una spettacolosa imitazione di Maurizio Crozza a Mai dire gol ('Se sbagli il cross ti spezzo la gamba' era il tormentone)? Di sicuro rimarrà sempre uguale a se stesso, con l'abitudine di non nascondere le proprie idee. A cominciare da quelle politiche: a sinistra, il che nel calcio di oggi è una rarità. E se si pensa che almeno per i prossimi tre mesi lavorerà alle dipendenze dell'uomo il cui obiettivo politico è fare attecchire il Tea Party in Italia, allora si capisce che forse ne vedremo delle belle non soltanto per questioni di pallone, fra presidente e allenatore.
(La Repubblica - Edizione Palermo)