Padovano accusa: 'Trattato come l'Escobar italiano. L'isolamento, il carcere, Vialli...'
Intervistato da Il Giornale, l'ex attaccante della Juventus ripercorre le tappe della sua disavventura giudiziaria.
L'arresto: "Ricordo le modalità davvero assurde con cui venni condotto in questura, come se fossi l’Escobar italiano. E dopo le impronte digitali venni immediatamente trasferito nel carcere di Cuneo. In isolamento. Ricordo bene che quando venni prelevato da casa e condotto in questura, pensai che fosse tutto uno scherzo. O almeno lo sperai fortemente".
L'isolamento: È stata durissima. A Cuneo mi misero in isolamento per 10 giorni. Senza doccia, in condizioni terribili. In seguito, acquisita l’ordinanza, iniziai a leggerla attentamente. Anzi la studiai a memoria e più la studiavo, più mi rendevo conto dell’errore sulla mia figura. Dopo quei 10 giorni atroci di Cuneo, venni trasferito a Bergamo per 3 mesi. Fisicamente fu devastante".
I domiciliari: "Dopo 200 giorni circa di carcere, tornò a casa. Ogni giorno i carabinieri venivano 2-3 volte. Chissà, pensavano volessi scappare! E dopo 9 mesi di domiciliari, altri 5 mesi con l’obbligo di firma".
L'iter processuale: "Nel 2011 la sentenza di primo grado fu 8 anni e 8 mesi, in appello 6 anni e 8 mesi. Ma credo che la mossa fondamentale sia stata cambiare i miei avvocati. E con Michele Galasso e Giacomo Francini è iniziato un viaggio tutto nuovo che è terminato poche settimane fa con l’assoluzione".
La famiglia: "Devo tutto a mia moglie Adriana. È lei che ha reso possibile che io continuassi ad essere marito e padre di Denis. La famiglia è tutto nella vita".
Vialli: "Luca telefonava sempre a mia moglie quando ero in carcere. Eravamo amici, molto amici. La mia scelta di andare a Londra al Crystal Palace fu determinata dal fatto che lui era lì. Con lui se n’è andato un pezzo di me".