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Proposte confuse e guerra ai campionati nazionali: Agnelli, leader inadeguato dell'ECA
UN MESE FA - Eppure è passato soltanto un mese dall'ultimo meeting. Era il 25-26 marzo, ad Amsterdam, quando Andrea Agnelli disegnava con piglio decisionista il futuro del calcio continentale. Informava sulle risultanze del confronto avuto pochi giorni prima col presidente dell'Uefa, Aleksander Ceferin, e prospettava uno stravolgimento dell'equilibrio fra competizioni nazionali e competizioni continentali. Si parla di un torneo a 32 squadre divise in quattro gruppi, con meccanismo di promozione e retrocessione. Soprattutto, si ipotizza di giocare le partite durante il weekend, ciò che costituirebbe un colpo pesante per i tornei nazionali. Tale progetto, che va esplicitamente in rotta di collisione con quello del Mondiale per Club confezionato dalla Fifa, raccoglie invero molti pareri negativi. Lo stesso Ceferin si mostra tiepido, e i presidenti delle principali leghe nazionali, com'è ovvio, sono nettamente contrari. Ma si tratta di posizioni prevedibili, in vista di un progetto che non potrà non provocare conflitti poiché andrebbe a stravolgere interessi forti e consolidati. Ma poi, nel corso dell'ultimo mese, avvengono cambiamenti sui cui motivi poco sappiamo. Di sicuro c'è che avvengono.
TUTTI A MALTA CONTRO LE LEGHE – E dunque ecco la nuova convocazione. Il 6 e 7 giugno i membri dell'ECA vengono convocati per parlare di nuovo del tema. Però dovranno discutere di contenuti leggermente diversi. Salta fuori dal cilindro una terza competizione europea. Inoltre, i punti programmatici sembrano avere assorbito una diversa consapevolezza, rispetto al rischio di una manifestazione troppo elitaria. Si menziona più esplicitamente il meccanismo promozione-retrocessione, si enfatizza la “sporting meritocracy” affinché venga premiata rispetto all'”historical privilege”, si annuncia la volontà di “sviluppare la mobilità e il dinamismo all'interno del sistema” grazie al potenziamento della struttura piramidale.
Ma arrivano anche i passaggi meno chiari. Per esempio, là dove si parla di un impegno a mantenere la “simbiosi” coi campionati nazionali. Sì, ma in che modo? Riproponendo una calendarizzazione dei match durante i weekend? Soprattutto, c'è quell'ultimo punto che dice molto: con l'appello a essere “progressisti” anziché “reazionari e propensi a conservare uno status quo sub-ottimale”. L'uso dell'aggettivo “reazionari” è davvero un bel carico da undici, non certo indice di una predisposizione al dialogo con tutte le componenti del calcio europeo che dovrebbero rinegoziare le competizioni. Ma a chi sarebbe rivolto l'aggettivo? Il dubbio viene chiarito grazie allo svelamento di un retroscena, che in Italia è stato reso noto dall'agenzia Ansa. Viene riferito che, da presidente dell'ECA, Andrea Agnelli avrebbe inviato una lettera ai 230 membri dell'associazione, invitandoli a disertare l'assemblea dell'European Leagues, indetta per il 6 e 7 maggio a Madrid. Un gesto di gravissima scortesia, che certo non poteva rimanere segreto (come si può pensare che, su 230 destinatari, non ce ne sia uno che renda pubblica la cosa?), e dunque volutamente ostile.
Dal presidente dell'European Leagues, Lars Christer Olsson, è giunta l'ovvia risposta piccata. E intanto che attendiamo una presa di posizione da parte della Lega di Serie A, con le due entità astratte Gaetano Micciché e Luigi De Siervo che brillano per inazione, rimane un dato di fatto: che sia per iniziativa personale o per input dell'esecutivo, la leadership ECA di Andrea Agnelli si dimostra d'un tratto debolissima. Certamente non adatta ai cambiamenti che il calcio europeo dovrà affrontare.
@pippoevai