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    Ormezzano racconta Platini: da sempre contro il Var, secondo Michel sono tre le cose che fanno la differenza nel calcio

    Ormezzano racconta Platini: da sempre contro il Var, secondo Michel sono tre le cose che fanno la differenza nel calcio

    • Gian Paolo Ormezzano
      Gian Paolo Ormezzano
    E’ in corso l’operazione-recupero di Michel Platini, arso vivo dalle autorità sportive e ora affidatosi ai massimi tribunali dei diritti dell’uomo, ma intanto nuovamente intervistabile e intervistato approfittando di eventi/avvenimenti collaterali ai quali lui, persona che di calcio sa e dice, viene comunque invitato. Ultimamente si è ad esempio espresso duro contro il Var, l’arbitro mezzo uomo mezzo macchina che se non altro allunga i tempi delle partite e quindi, da un punto di vista di fruizione materiale dello show, regala qualcosa all’utenza, quella da stadio come quella da divano. Viene dunque automatico intanto che quasi doveroso, in chi scrive queste righe, offrire un Platini speciale, datato ma se si vuole anche attuale, conosciuto durante una frequentazione molto amichevole durata nove anni, gli ultimi cinque dei quali nella stessa città, Torino, e poi allungata da incontri diluiti nel tempo a Parigi e a Nyon sede della sua Uefa, sino allo tsunami che si sa.

    Platini è sempre stato contro il Var, anche quando non esisteva ancora, dicendoci ad esempio, e in ottimo italiano: “A parte il fatto che la tecnologia può essere  taroccata, il calcio è bello anche perché sbilenco, assurdo, strano e matto, onesto e bandito, sempre da discussione forte al Bar Sport. Gli errori di un arbitro fanno parte dello show, senza di essi anche voi giornalisti campereste meno bene”.

    E poi: “Per proteggere il calcio-spettacolo tre provvedimenti: abolire il retropassaggio al portiere (n.d.r.: fatto, almeno quello di piede), punire duramente i giocatori troppo aggressivi, a parole e gesti, con l’arbitro (idem, sia pure moderatamente), obbligare il giocatore al quale è stato fischiato un fallo a staccarsi subito dal pallone, e senza gettarlo lontano, come nella pallanuoto dove si espelle per venti secondi chi non ottempera” (da fare, ma chi lo fa?). 

    E poi: “Il futuro del calcio è nelle donne. Giocano bene, con la stessa allegria che frequentavo io”. Profezia forte, temeraria addirittura, e però in corso di realizzazione.

    E infine (da meditazione): “Gira e rigira, schemi e tattiche, scienza e astuzia, alla fine nel calcio professionistico di un certo livello tre sole cose fanno la differenza fra squadre che più o meno si equivalgono: l’arbitro, in buona o mala fede; la fortuna; la prodezza individuale”. Quel nostro rimpianto Platini d’antan usava per la verità un termine anatomico per dire fortuna e sulla prodezza precisava: “Ma un Platini capace di essa nasce solo ogni duemila anni”.

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