Olanda o Spagna:| Il nuovo socio
Il confine che separa il club esclusivo dalla lobby è troppo sottile, a volte, per non alimentare cattivi pensieri. Non sarà il caso della Fifa e del suo Mondiale, ma tant’è: meglio così. Meglio, voglio dire, l’ingresso di un nuovo socio, l’ottavo in ottant’anni. E non solo per una questione di vil denaro, anche se i 20,5 milioni di euro che si porterà a casa proprio una mancia non sono. Con l’Olanda o la Spagna, citate in rigoroso ordine alfabetico, il calcio si accinge a investire nel diverso, nell’inedito. Non sempre, per rifulgere, la meritocrazia ha bisogno della democrazia, penso alle doppiette dell’Italia di Vittorio Pozzo e del Brasile di Pelé e Garrincha, ma nello stesso tempo un posto a tavola in più e un cameriere in meno aiutano a cementare il concetto del menù aperto, del pasto libero.
L’Olanda aveva già tentato di iscriversi in due occasioni, nel 1974 e nel 1978: in entrambi i casi, però, aveva sbattuto contro il galateo dei padroni di casa, la Germania più forte di sempre e l’Argentina più tiranna di ogni epoca. A Buenos Aires, l’arbitro era l’italiano Sergio Gonella. Non si coprì di gloria, ma fu il palo colpito da Rensenbrink a un pugno di secondi dal 90’ a orientare la storia. Come gli olandesi, neppure gli argentini erano abbonati: si tesserarono sul momento, fra i baffetti del truce Videla e le sigarette del serafico Menotti.
La Spagna è un caso completamente anomalo. D’accordo, i francesi vennero accettati soltanto nel 1998, e per giunta in casa loro, ma in precedenza avevano compilato fior di moduli: terzi nel 1958, semifinalisti nel 1982 e 1986. Il rapporto che lega la Rossa ai Mondiali non è mai, semplicemente, esistito: ecco qua il paradosso, se pensiamo al peso che gli spagnoli conservano nelle coppe e nell’Europeo, di cui si sono aggiudicati la seconda edizione, nel 1964, e l’ultima, nel 2008. Prigioniera del quarto posto del 1950, in Brasile, la vincibilissima «armada» non aveva mai superato i quarti di finale.
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