Non solo Icardi: gli ultras e le minacce ai calciatori svelate nel rapporto AIC
Ma c’è almeno un aspetto positivo, in entrambi i momenti di attrito fra l’attaccante argentino e una frangia della tifoseria interista: che tutto quanto è avvenuto in pubblico, con grande copertura informativa da parte dei mass media. E questo è un elemento che, in linea generale, può impedire il degenerare della situazione. Purtroppo la realtà diffusa è un’altra.
La copertura mediatica dedicata al conflitto fra Icardi e gli ultras nerazzurri è un’eccezione, e invece la norma parla di situazioni altamente pericolose per i calciatori ma spesso poco enfatizzate dai media o dimenticate prestissimo. Rimane il trauma personale per l’atleta, unito alla sensazione di trovarsi inaspettatamente a fare un mestiere a rischio.
Di questa drammatica situazione parla il rapporto “Calciatori sotto tiro” (LEGGI QUI), curato dall’Associazione Italiana Calciatori e presentato ieri a Roma nel corso di una conferenza stampa tenuta presso l’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive (LEGGI QUI). Giunto alla terza edizione annuale, il rapporto si basa non soltanto sulla presentazione di dati sincronici, ma anche sulla comparazione rispetto ai due anni precedenti.
I numeri sono allarmanti. Sono state censite 117 “azioni”, cioè atti d’intimidazione o violenza, che hanno avuto luogo nel corso di 83 eventi. Il 55% dei casi riguarda i campionati professionistici. Per quello che riguarda il mondo del calcio dilettantistico, un 12% dei casi è stato registrato in Serie D, 10% in Promozione, e 8% nei campionati dei settori giovanili. Un dato su cui riflettere viene dai luoghi in cui questi episodi accadono. Il rapporto presentato ieri racconta che il 61% è accaduto fuori dagli impianti sportivi. Si tratta di un dato che segna un mutamento rispetto al rapporto dell’anno scorso, dal quale risultava che il 57% degli episodi avvenisse negli impianti sportivi. Ciò significa che cresce in misura preoccupante la tendenza dei tifosi a manifestare pressioni e intimidazioni al di fuori del contesto emotivamente caldo della partita.
Un’indicazione netta arriva anche riguardo alle aree geografiche del paese in cui gli episodi accadono. Nella scorsa stagione il 52% si è avuto al Sud e nelle Isole. In aumento i casi anche al Nord (27%), mentre nel Centro Italia, dove pure vengono registrati in diminuzione, si attestano sul 30%. Guardando invece all’incidenza dei casi regione per regione, il primato spetta al Lazio col 17% degli episodi registrati. Seguono la Puglia (16%) e la Campania (13%).
E ancora, è stato analizzato il tipo di azione violenta di cui i calciatori sono stati vittime. Risulta che nel 23% dei casi si è arrivati all’aggressione fisica. A esercitare violenza e intimidazione sono soprattutto i tifosi della propria squadra (55%), mentre la violenza da parte dei tifosi avversari tocca quota 38%. Ultimo dato che cito, lasciando al lettore il compito di approfondire la conoscenza del tema leggendo il rapporto, riguarda il fatto che nel 68% dei casi le azioni intimidatorie sono state rivolte alla squadra nel suo complesso, mentre il 32% ha riguardato calciatori singoli.
Il presidente dell’AIC, Damiano Tommasi, ha ribadito l’allarme su una situazione della quale continua a non esserci abbastanza consapevolezza. In special modo, la preoccupazione si rivolge a una realtà in cui le frange più violente del tifo ritengono di doversi ergere a “giustiziere”, e così punire il non soddisfacente andamento della squadra. C’è un passaggio, a pagina 11, che si sofferma su questo punto: “(…) non può passare l’idea, né tra i tifosi né tra certi dirigenti, che solo intimidendo ed impaurendo i calciatori, ‘dando loro una lezione o una scossa’, la propria squadra vince e quella avversaria perde”. Purtroppo quest’idea è sempre più diffusa, e non si sta facendo abbastanza per arginarla.
@pippoevai