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    Non parliamo di corto muso, Pioli non è Allegri

    Non parliamo di corto muso, Pioli non è Allegri

    • Gianni Visnadi
    Lo 0-1 di Cagliari vale al Milan l’11esima vittoria in 15 trasferte di campionato (meglio che in casa, dove ha vinto solo 9 volte nello stesso numero di partite; complessivamente 30 punti a San Siro e 36 in trasferta) ma in assoluto è anche l’11esima vittoria con 1 solo gol di scarto, la sesta per 1-0, la terza consecutiva.

    Guai però a chi parla di corto muso, ché sennò ci si dimentica del significato che stava e sta in quel gergo ippico traslato nel calcio e nella Treccani (povera Treccani), importa vincere, non conta di quanto e nemmeno il come. È lì che alberga la filosofia di Allegri: basta un gol di vantaggio, il resto non conta. Non serve costruire calcio, pensarlo diverso, credere anche nel gioco e non solo nei giocatori. Eppure così facendo, di corto muso ma non solo, Allegri ha vinto 6 scudetti in carriera.

    Stefano Pioli, che in carriera ha raccolto tanti elogi, ma non ha mai vinto nulla, nel Milan costruito in 3 anni, un passo dopo l’altro, ha imposto il gioco ai giocatori, creato un modulo, immaginato un sogno. E quando vince 0-1 come a Cagliari, rischiando l’ennesimo inciampo sulla via dello scudetto, lo fa dopo aver sbagliato almeno 4/5 palle-gol e aver subito il contropiede altrui per non aver mai pensato di speculare sulla prodezza di Bennacer.

    C’è stato un periodo in cui il Milan è stato più bello di oggi, più divertente (a Cagliari ha pur sempre, solo, battuto la penultima del campionato). Ora forse è soprattutto più solido e attento e così sciala meno di quanto fatto con Salernitana e Udinese (4 punti gettati che da soli – senza parlare dello Spezia – darebbero oggi un’idea più chiara sulla favorita scudetto). Restano 8 partite, 24 punti (27 per l’Inter) e salvo cali clamorosi lo scudetto si deciderà in volata. Ma non sarà per forza di corto muso.
     

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