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    Sarri si scusi anche con i... democristiani

    Sarri si scusi anche con i... democristiani

    • Sandro Sabatini
    Una cosa è sicura: Sarri faceva più bella figura se stava zitto. Prima e dopo. In campo e fuori. Ma se non è troppo tardi, dopo averci dormito (?) una notte e aver aspirato l’ennesima sigaretta, farebbe bene a prendere carta e penna e scrivere. Meglio non parlare, ormai, e non perché le parole le porta via il vento, come si dice dalle sue parti, in Toscana. Dovrebbe scrivere, invece, e magari leggere poi in un video da diffondere a tutti i media, per dare un senso di gravità a quelle scuse che ieri ha pronunciato con maldestro imbarazzo e qualche aggiunta inappropriata.

    Dovrebbe scrivere e leggere ad alta voce le sue scuse, Sarri. Perché altrimenti resta con una serie di dichiarazioni che lo faranno passare alla storia come l’Higuain degli autogol dialettici. Ne ha collezionato uno dietro l’altro. Non smetteva più. Ogni parola, era un autogol.

    In verità all’allenatore del Napoli manca qualsiasi alibi, innanzitutto perché non è stato provocato.  La sua non è stata una reazione, magari scomposta e violenta, ma comunque figlia di un’offesa ricevuta. No. E purtroppo per lui, dare del “frocio-finocchio” a Mancini che protesta per il recupero, significa avere quella terminologia nel proprio bagaglio culturale. Desolante.

    Chi è over 50 sa quanto la sensibilità sul razzismo e le diversità sia molto cambiata nel corso degli anni. E’ triste dirlo, ma basterebbe ambientare la lite Sarri-Mancini a una quarantina d’anni fa, per immaginarla incorniciata da ammiccanti risolini o toccate di gomito. Ma era un’altra Italia. Era un altro mondo, per fortuna. E se ne devono accorgere tutti, senza alcuna differenza, nemmeno quella dell’età. Perché non può essere nemmeno una giustificazione, per esempio, essere cresciuti con i nonni che sghignazzavano alle barzellette sui “pederasti”.

    La raffica di autogol è poi proseguita con “certe cose dovrebbero concludersi in campo”. Ed è ora di farla finita, con questo tentativo di autorizzare ogni nefandezza. Basta. Bisogna smetterla con la storia che tutto dovrebbe rimanere in campo o nello spogliatoio. Solo i segreti belli e più misteriosi e affascinanti hanno il diritto di essere protetti dalla riservatezza e custoditi come gioielli preziosi. Non le volgarità. Le offese. Gli insulti. I reati. Scusate il paragone, volutamente forte e provocatorio, ma “certe cose dovrebbero finire in campo” equivale ad giustificare il bullismo nelle aule scolastiche o gli spacciatori in discoteca. Il campo di calcio e in generale lo stadio non (NON) sono zone franche o terre di nessuno in cui tutto è consentito. Lo sport è rispetto dell’avversario e delle regole. Punto. Vale per i protagonisti e per i tifosi. Punto. Senza eccezioni né giustificazioni. Punto.

    Nel suo tentativo imbarazzato di trovare una via d’uscita, Sarri ha poi aggiunto che non ricordava cosa aveva detto a Mancini, forse “democristiano”, ed è passato quasi inosservato, ovviamente in secondo piano. Però, anche qui, attenzione all’uso delle parole. Si usi “democristiano” per ricordare quegli uomini politici che contribuirono a fondare la Repubblica, dando un apporto fondamentale alla libertà a tutti gli italiani. E’ molto meglio rispetto all’uso, peraltro abbastanza limitato, che se ne fa adesso come sinonimo di “politicante”.

    Caro Sarri, dia retta. Non faccia finire questa storia con “io speriamo che me la cavo, magari fra qualche giorno non se ne parlerà più”. Prenda carta e penna e scriva: “Sono sinceramente pentito e mi scuso con chiunque si sia sentito offeso. Il mio comportamento non ha giustificazioni. Spero che questo episodio e la squalifica che ne conseguirà siano d’esempio per tutti gli sportivi. Ribadisco soltanto che non sono, né sarò mai, un razzista”. Ci vuol tanto?

     

    Sandro Sabatini (giornalista Mediaset – Premium Sport)
    Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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