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Niente sciopero in Serie B: la sconfitta di Tommasi, giocatori ostaggio dei club
C'è la netta sconfitta del sindacato, del suo leader Damiano Tommasi e il fallimento di una strategia che registra una spaccatura sempre più allarmante: i giocatori sono tornati ad essere ostaggio dei club mentre le rivendicazioni – a meno che non siano di tipo salariale e normativo – risultano sempre meno praticabili.
L'Aic in questa fase avrebbe voluto essere un soggetto politico con un potere determinante. Lo sciopero glielo avrebbe fornito. Invece si è trovata spiazzata dalla posizione, tutt'altro che coraggiosa, di molti dei suoi associati, ovvero gli stessi calciatori. Cosa è accaduto?
E' accaduto che la Lega di B, cioé chi garantisce gli interessi delle società, aveva fatto pervenire a ciascun club un documento da far sottoscrivere ai capitani. Esso conteneva l'impegno scritto a non aderire a forme di sciopero.
Una pressione indebita, come ha denunciato Tommasi, ma esplicita di come il sindacato abbia perso forza e di quale sia oggi la preoccupazione tra i calciatori. Chi ha un contratto, magari pluriennale, se lo tiene stretto e non lo mette a repentaglio per aumentare il numero di squadre nella categoria, anche se il ritorno al format di 22 assicurerebbe più posti di lavoro.
Ora non esiste la certezza che tutti i capitani abbiano ceduto a questa specie di ricatto dei club. Tuttavia esiste la certezza contraria: non tutti erano favorevoli allo sciopero e, in una materia così delicata, non si poteva procedere solo avendo una maggioranza risicata.
Ci sarebbe voluta un'unanimità assoluta che sposasse un atteggiamento deciso. Ma così non è stato e molto semplicemente Tommasi si è ritrovato senza i numeri della base.
Ecco come spiegare anche le parole remissive alla fine dell'incontro tra i capitani e l'Aic. “Non era questo il momento – ha detto il presidente – per prendere certe decisioni”.
Più battagliero, ma non per questo meno rassegnato, il vice presidente Aic, Umberto Calcagno: “Denunceremo la Lega per comportamento anti-sindacale”.
Insomma, come ormai tutti hanno capito, il campionato di serie B partirà venerdì 24 con l'anticipo tra Brescia e Perugia. Diciannove le squadre, una riposerà sempre, resta invariato il numero di promozioni (tre) e di retrocessioni (quattro).
Lo scandalo, sia normativo che politico, è che si sia fatta una riforma in un giorno, per mano di un presidente di Lega (Mauro Balata) e di un commissario della Figc (Roberto Fabbricini) sempre più nella bufera.
L'unica speranza per Tommasi e, soprattutto, per le società ricorrenti, cioé quelle che hanno chiesto il ripescaggio, è legata al pronunciamento del Collegio di garanzia che, però, non arriverà prima del 7 settembre. Dopodiché, se non fosse favorevole o soddisfacente, il ricorso alla magistratura ordinaria e, soprattutto, ai Tar è scontato.
Cosa accadrebbe se la giustizia superiore, ovvero quella statuale, ordinasse lo stop di un campionato in corso e la riammissione di parte o di tutte le società per ora escluse?
O se, per sovrammercato, fosse autorizzata un'azione di risarcimento danni? Chi pagherebbe? Quanto pagherebbero?
La situazione, sotto il cielo della B, è confusa e convulsa. Anche perché la Lega di serie C aspetta il 7 settembre, con quale speranza lo possiamo immaginare, per varare gironi e calendari. Sicché le posizioni si possono riassumere in questa maniera.
La B, appoggiata da Fabbricini, si muove in maniera tanto autonoma da violare le norme. La serie C è contraria perché teme pesanti ripercussioni nel proprio campionato, l'elezione di un nuovo presidende della Federazione è sempre più incerta.
Lo chiamano calcio, ma somiglia sempre di più ad una drammatica e insensata resa dei conti.