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    Nessuna pietà per gli assassini di Willy,  belve che hanno usato lo sport per uccidere

    Nessuna pietà per gli assassini di Willy, belve che hanno usato lo sport per uccidere

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Willy era esile, dolce, fragile e altruista. Odiava i soprusi e le sopraffazioni. Così si è messo in mezzo per tentare di difendere un amico circondato da un gruppo di belve con il fisico scolpito e gli occhi pieni di presunzione. E’ stato l’ultimo atto compiuto da Willy su questa terra. Lo hanno ammazzato di botte, i quattro assassini, usando le tecniche imparate n palestra dove viene insegnato uno tra gli sport più antichi ma anche più cavallereschi del mondo. Quelle arti marziali che non prevedono soltanto la cura e l’attenzione per il gesto fisico ma soprattutto una preparazione morale e filosofica in grado di erigere l’uomo a entità superiore e non abbassarlo riducendolo peggio che una bestia feroce.

    I quattro assassini, dei quali non voglio neppure fare i nomi tanto è il disgusto che provo nei loro confronti, sono stati arrestati e quando verrà accertata ufficialmente la loro responsabilità verranno giudicati per un delitto preterintenzionale che a mio avviso di preterintenzionale non ha proprio nulla perché è stato assolutamente intenzionale per i colpi studiati inferti al povero Willy. Andranno in carcere, certamente, ma la pena sarà sempre troppo lieve rispetto alla colpa commessa. Nessuno, sia chiaro, deve pensare manco lontanamente alla pena di morte ma neppure alla possibilità di vederli circolare liberi per strada tra una decina di anni. Un silenzio tombale dovrebbe avvolgerli. 

    L’assurdo e straziante delitto si è consumato in un paesino della Ciociaria dove tutti conoscono tutti e sanno ogni cosa di ciascuno. Si chiamano comunità. Ebbene la comunità nella qual vivevano Willy e i suoi assassini era assolutamente informata su chi fossero e come vivessero le quattro belve. Assassini potenziali travestiti da sportivi che andavano in giro a picchiare per conto dei pusher o di chiunque li ingaggiasse per dare una lezione qualcuno. Eppure nessuno ha mai mosso un solo dito per  fare in modo che quei delinquenti dal fisico scolpito venissero neutralizzati dalle forze dell’ordine prima che accadesse ciò che fatalmente era scritto dovesse succedere. Addirittura, allucinante ma anche esplicativo per capire in che razza di società viviamo, il commento della madre del capobranco: “In fin dei conti il ragazzino era soltanto un immigrato”. Nessuna pena per gli assassini. E tanta desolazione per chi stava a guardare

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