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Nell'Italia non ha funzionato nulla, ma il 5-1 della Francia non è uno scandalo: Azzurre, ora fuori l'orgoglio
I 5 gol a 1 subìti dall’Italia per opera della Francia fanno male, hanno spento un fuoco pronto ad accendersi, probabilmente segneranno anche il restante percorso delle azzurre. Ma non sono uno scandalo. Primo, perché fisicamente non ci si può inventare e paragonare alla forza di quelle avversarie. Secondo, perché se la Norvegia, campione del mondo nel 1995 e medaglia d’oro all’Olimpiade del 2000, ne prende otto dall’Inghilterra, allora ci stanno anche i cinque che abbiamo beccato noi dalla Francia.
Due cose sono apparse fin troppo evidenti: non ha funzionato nulla a livello tattico e, dal punto di vista emotivo, le ragazze sono parse fin troppo remissive. E’ vero, la forza fa la differenza, i contrasti vinti (nel nostro caso persi) pure. Tuttavia l’Italia ha commesso troppi errori nei passaggi, non ha saputo gestire la palla nemmeno quando ne avrebbe avuto il tempo e, dietro, è stata sconquassata per le vie laterali.
Ora appare facile imputare alla c.t. Milena Bertolini un atteggiamento tanto aperto da apparire perfino troppo spregiudicato. Però, chi la conosce e sa la mentalità che anima lei e le squadre da lei allenate, non si sorprende che se la sia voluta giocare alla pari.
Aveva senso un catenaccio e con difesa a cinque? Avrebbe avuto senso stare tutti dietro la linea della palla senza provare almeno uno straccio di azione? No. E infatti, per il poco che conta, nel secondo tempo è arrivato un gol (Piemonte) e un altro avremmo potuto raccattarlo. La Francia ha smesso di giocare, ma anche Bertolini ha tolto le titolari perché ormai la partita era persa. E dalle seconde linee è arrivata più precisione, maggiore velocità e anche qualche pericolo per l’avversario.
A proposito di pericoli, molti si chiedono cosa sarebbe potuto accadere se Barbara Bonansea, pochi minuti prima del vantaggio francese, avesse segnato portando l’Italia sull’1-0. Sinceramente credo che avremmo perso comunque, ma penso anche che la Francia avrebbe fatto più fatica e che il finale sarebbe stato meno umiliante.
Adesso - mentre i falchi della contro informazione esultano riesumando il motto del “calcio che non è sport da signorine” - bisogna ritrovare la via del risultato e del consenso popolare. I due fattori sono strettamente connessi perché in Italia, più ancora che nel resto del mondo, vincere è più importante di come lo si fa, ovvero se con merito o senza, con etica o con nulla.
Battere l’Islanda non dovrebbe essere un’impresa, ma bisogna ritrovare in poco tempo le certezze minate e, forse, cambiare qualche calciatrice anche delle più celebrate e capaci. Sarà Gama e Manuela Giugliano devono migliorare in qualità ed in intensità. Spero, ovviamente, nel recupero di Valentina Cernoia (assente per Covid nella prima gara), ma è tutto il gruppo che deve rialzare la testa. Non basta il coraggio, che pure sarebbe tantissimo, serve anche l’orgoglio. A mio parere c’è ancora spazio e tempo per rimettere la barra dritta ad un Europeo nato male e, forse, alimentato da troppe aspettative. Sapevamo che sarebbe stato più duro del Mondiale, ma nessuno pensava ad una differenza del genere, soprattutto dopo che in amichevole le azzurre avevano pareggiato con la Spagna.
Invece il divario è marcato e per suturarlo bisogna lavorare con alacrità e pazienza. Le nostre calciatrici non sono diventate più brave perché da poco più di una decina di giorni sono professioniste. Hanno solo cominciato un cammino nuovo e diverso nel quale tempo, pazienza e strutture sono indispensabili. La natura non procede per balzi, dicevano i latini, e noi da lì arriviamo.