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    Nel giorno in cui si celebra la leggenda Riva, a Lecce crolla il mito di Buffon

    Nel giorno in cui si celebra la leggenda Riva, a Lecce crolla il mito di Buffon

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Oggi il mondo intero del calcio rende omaggio a Gigi Riva nel giorno del suo settantasettesimo compleanno. Un tributo doveroso verso un campione il quale, attraverso le sue imprese sportive e la sua condotta da uomo integro, ha scritto pagine memorabili per poi essere collocato nella prestigiosa ed esclusiva Galleria delle Leggende. Gigi Riva è il personaggio che non barattò mai se stesso per denaro e che quarantadue stagioni fa ebbe il coraggio di dare l’addio al calcio perché consapevole del suo fisico provato da usura e incidenti. Aveva trentadue anni e alle spalle un passato interamente dedicato al Cagliari e alla nazionale italiana.

    Oggi, allo stadio del Mare di Lecce, nel giro di quarantacinque minuti si è sbriciolato ed è crollato quello che, per meriti trascorsi, avrebbe potuto tranquillamente guadagnarsi un posto tra i Grandi per Sempre proprio come Riva. Gigi Buffon, invece, ora passerà alla storia “anche” come il portiere del Parma il quale ha beccato quattro gol di fila e tutti nel corso del primo tempo. Tre glieli ha rifilati Massimo Coda, attaccante da Cava dei Tirreni, e uno il centrocampista brasiliano Strefezza. Con tutto il rispetto non stiamo parlando né di Messi e neppure di Ronaldo.

    Prendere quattro gol nel primo tempo non era mai accaduto in carriera a Buffon (che invece aveva già subito quattro reti in un tempo, ma il secondo, in Fiorentina-Juventus 4-2 del 2013-14), che sarà costretto a segnalare sul calendario questa domenica come la peggiore della sua vita professionale. Purtroppo è lo stesso calcio e non soltanto lui a dover subire un sonoro schiaffo sul viso di quelli che fanno tanto male e lasciano il segno. Perché dover assistere alla caduta di coloro che avevamo imparato a riconoscere e ad amare come una sorta di super eroi della Marvel provoca dolore.

    La responsabilità di questa clamorosa debacle professionale non è opera del destino cinico e baro, ma soltanto del diretto interessato il quale, probabilmente per una forma più o meno inconscia di presunzione più che non per reale necessità di guadagno, ha voluto tirare la corda oltre ogni limite ignorando il fatto che ciascuna stagione della propria vita impone scelte ragionate e precise. In caso contrario si può essere vittime di un maledetto poker, a Lecce.

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