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Romamania: ripensando a Balbo, Cappioli e Fonseca. E a una Roma che non esiste più
C'era una Lazio allenata da Zeman che sulla carta te la disegnavano come 5 volte più forte della Roma. C'erano pezzi di giornale talmente netti nel sostenere questo divario, che Mazzone li appese negli spogliatoi per caricare i suoi. E c'eravamo noi, io e i miei amici, all'epoca tifosi e assidui frequentatori dell'Olimpico che a quelle differenze disegnate da altri non facevamo caso. Finì tre a zero con Carletto che corre sotto la Curva. Storia scolpita nelle mura di Roma. Balbo, Cappioli, Fonseca. Era una Roma che poteva forse ambire a qualcosa di importante. C'erano Giannini, Aldair, Moriero, Carboni, Cervone. Bella squadra, molto romana e anche molto romanista, per chi è attento a questo fattore (io no).
Ho ripensato a quella Roma chiedendomi se fosse la spensieratezza dell'età a farmi vivere con cristallina gioia le avventure romanista. O se sia stata la professione a rendermi più freddo e distante. Di sicuro, se esiste un qualcosa che viene definito 'entusiasmo giovanile' un motivo ci sarà. Però non posso non pensare a come sia lontana questa Roma da quella che quel giorno fece impazzire l'etnia giallorossa. Fu gioia di qualche giorno, certo. Ma, tolti i trofei vinti tra la gestione Viola e quella Sensi, fu certamente una delle emozioni più intense vissute con una partita della Roma. Erano anni in cui avevi il tempo di affezionarti a un giocatore prima che te lo vendessero in nome della Dea della plusvalenza o del bilancio. Erano tempi felici anche se non si vinceva nulla. E non voglio fare paragoni con quello che succede oggi. Non sarebbe bello, né divertente. E sarebbe un gol troppo facile da realizzare. Voglio solo ricordare, ogni tanto, quel calcio che non esiste più.